Land Of Mine

Quello di Zandvliet è un dramma bellico senza retorica spicciola, troppo ancorato però a logiche di rappresentazione e racconto fin troppo codificate.

Land of Mine si apre con un atto di rivendicazione, quello a suo modo più disumano, che vede i vincitori rifarsi sui vinti. Il respiro affannato del Sergente Rasmussen, seduto sulla sua jeep, aumenta nell’osservare la fila di prigionieri tedeschi che avanzano lungo il ciglio della strada, per poi esplodere in una violenta aggressione verso uno di essi.

Dello stato d’animo dell’ufficiale però non c’è risoluzione, se non un dettaglio sulla sua mano macchiata dal sangue della sua vittima, e il respiro pieno di rabbia che cerca di placarsi.

Cambiano i ruoli e i fronti, ma il dramma della guerra ha i suoi elementi condivisi, simbolicamente riuniti nella presentazione del personaggio del danese Leopold. Saranno, infatti, il respiro pieno di paura e l’uso delle mani a ritrarre la vita in bilico di quel gruppo di adolescenti, improvvisati sminatori, su cui il sergente dovrà fare da supervisore.

E necessariamente dovrà anche pulirsi di quel sangue e mostrare gradualmente uno spiraglio di umanità fino a quel momento relegato dietro la maschera truce e autoritaria nei confronti del nemico.

Perché sono solo ragazzi e gli insistenti primi piani che ne catturano le fragilità, le insicurezze e soprattutto la paura di morire, si scontrano con le urla e le intimidazioni di chi detiene il potere.

Martin Pieter Zandvliet, come da premesse, azzera ogni forma di spettacolarizzazione di genere e ritrae una tragedia umana pronta a soffermarsi sulle conseguenze e l’eredità che la guerra porta con sé. Eredità under sandet (sotto la sabbia), che riemerge e si ripercuote sulle nuove generazioni, investite di una colpa ma moralmente assolte. Sono vittime, perché rappresentate in tutta la loro innocenza forse anche più infantile che adolescenziale. E Rasmussen, d’altro canto, si erge a istruttore/padre disfunzionale, pronto a ricondurli dentro il dormitorio e a sigillarli, a metterli in punizione, a dargli i “compiti” del giorno.

Questa intimità distorta però nasconde già in potenziale la possibilità di superare le divisioni e aprirsi a un nuovo sentimento. Il sangue di quell’aggressione iniziale riecheggia nei corpi dilaniati dei giovani e al sergente la loro vita starà sempre più a cuore.

La condizione cui sono sottoposti gli sminatori ha una sua regola in termini di messa in quadro. Ai primi e primissimi piani dei volti sofferenti, e ai dettagli delle mani mentre disinnescano gli ordigni esplosivi, si alternano campi medi e/o lunghi che evidenziano la fatalità della tragedia della quale possiamo essere solo inermi astanti.

Questa logica ben presto diventa familiare e si allinea con le aspettative del pubblico, ormai inserito dentro una narrazione che non gli arreca così tanta difficoltà a seguire l’evoluzione dei suoi personaggi e le loro probabili derive. Anche perché Land of Mine, sebbene parta da un’idea alquanto interessante, preferisce rimanere ancorato a dinamiche psicologiche fin troppo codificate che sottraggono forza alla rappresentazione e al gioco di suspense derivante dal continuo pericolo di una deflagrazione.

Altro limite riguarda l’utilizzo dell’ambientazione, tra le pianeggianti e desolate spiagge danesi, ben poco sfruttata in quello che poteva essere un interessante rapporto tra gli sminatori e il loro spazio di azione. Più che altro si limita a fungere da confezione emotiva come introduzione o chiusura alle varie sequenze.

Insomma, un esempio di cinema sincero nel toccare le corde emotive del dramma bellico senza retorica spicciola e ricattatoria, ma che poteva sicuramente osare di più con gli occhi.

Rimane indubbiamente il continuo ritorno figurativo delle mani, tanto aggressive nel commettere un sopruso, quanto potenziali strumenti salvifici nel rimuovere i residui del male della guerra. Può anche camminarci sopra un piccolo scarabeo e, nell’osservarlo, ci rendiamo conto che non sempre devono portare con sé un fine specifico.

Autore: Marco Compiani
Pubblicato il 23/10/2015

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