Il cinema di Garrel / Innocenza selvaggia

Non si esagera a considerare Philippe Garrel tra i grandi maestri del cinema francese, ciò nonostante i suoi film raramente sono riusciti a oltrepassare il confine e meritare la giusta visibilità. In Italia, ad esempio, Garrel viene ricordato per aver vinto nel 1991 il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia con J’entends plus la guitare, film dedicato alla cantautrice Nico, con la quale il regista ha per anni avuto una relazione sentimentale. Discorso a parte merita la critica, che ha sempre amato Garrel, pur tuttavia ricorrendo ad un discorso sul suo cinema legato per lo più alla poetica godardiana della Nouvella Vague e a banali rimandi sull’ideologia post sessantottina ricorrente in tutta la sua filmografia.

Prendendo in analisi un film come Innocenza selvaggia del 2001 appare evidente come il cinema di Garrel riesca ad andare ancora più in profondità, proponendoci un testo semplice e lineare solo in apparenza. In realtà quest’opera offre allo spettatore una struttura tematica complessa e articolata che richiama, innanzitutto al concetto della perdita e della mancanza con i suoi espliciti richiami alla psicoanalisi. Come ha dichiarato il critico letterario inglese Terry Eagleton ogni narrazione parte da una mancanza, da un oggetto perduto che deve essere recuperato e che, di conseguenza, soddisfa la possibilità di raccontare. Questa forma di narrazione di base trova la sua origine in quella che Freud ha descritto in Al di là del piacere come gioco del Fort/da o gioco del “rocchetto”. Il Fort/da è un meccanismo messo in atto dal bambino sotto forma di gioco e consiste nel gettare lontano un oggetto per poi recuperarlo. Durante l’esecuzione di questa attività ludica il bambino produce alcuni suoni vocali che richiamano ai due fonemi di lingua tedesca Fort (via) e Da (qui). Il gioco del Fort/da è centrato dunque sue due azioni: far scomparire e far apparire l’oggetto. Per Freud questi due meccanismi servono al bambino a padroneggiare il senso di angoscia nel periodo edipico della perdita del corpo materno. La riapparizione dell’oggetto (Da) altro non è che il desiderio del ritorno e della riappropriazione dell’ ”oggetto perduto”. Ritornando sul tema Lacan affermerà tuttavia che nel corso dello sviluppo psichico tale oggetto altro non è che una proiezione di ciò che resta della perdita primaria e che per tal motivo l’individuo è destinato alla mancanza inseguendo un oggetto vuoto. L’esperienza della perdita e il tentativo di riappropriarsi dell’oggetto perduto sono al centro del tessuto narrativo di Innocenza selvaggia di Philippe Garrel. Il protagonista del film è François Mauge un regista cinematografico indipendente che cerca disperatamente di realizzare un film contro l’uso dell’eroina, ma nessun produttore accetta di finanziarglielo.

Il personaggio principale del suo film, intitolato “Innocenza selvaggia” è ispirato a Carol, la sua ex compagna morta per overdose di eroina. Come scopriremo man mano che la storia va avanti il tentativo di realizzare il film da parte di François è solo in parte legato alla volontà di denuncia. Piuttosto egli cerca di riappropriarsi di Carol mettendo in scena un suo doppio, attraverso il corpo della giovane attrice Lucie, che diventa in questo senso ciò che Lacan ha definito l’ oggetto piccolo a: una persona, una cosa o un’ideale che diventa feticcio tappando il buco della mancanza. In questo senso François mette in atto il gioco del Fort/da, facendo riapparire attraverso il suo film un’immagine, un simulacro che gli restituisca l’oggetto perduto. Tuttavia il film mette in mostra anche un processo psicologico inverso legato al punto di vista dell’attrice. Lucie innamorata di François accetta di recitare nel suo film non tanto come occasione professionale ma per avere la possibilità di interpretare e dunque di essere la donna che lui ha veramente amato. Gli effetti saranno devastanti in quanto si identificherà a tal punto nel ruolo di Carole che diventerà anch’essa una tossicodipendente e morirà casualmente come lei per overdose. In questo senso Lucie da oggetto piccolo a, da feticcio, diventa per identificazione l’oggetto perduto di François che alla fine del film dovrà affrontare una triplice mancanza: quella di Carole, quella di Lucie e infine quella del film stesso, che rimarrà definitivamente incompiuto, come del resto lo sono stati tutti i film di François e, allo stesso tempo, quelli di Garrel che a detta di Rinaldo Censi “ha così composto il ritratto sofferto e intenso di un’affezione amorosa per riviverla e modificarla, mantenendola luttuosamente in vita attraverso la finzione cinematografica. “

Autore: Roberto Mazzarelli
Pubblicato il 10/02/2015

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