Far East 2015 / My Ordinary Love Story
Qualcosa di travolgente si veste da commedia coreana, ma la svolta thriller della parte finale non riesce ad andare fino in fondo

Similmente alla dama corteggiata da Scott Pilgrim, anche Eun-jin è tormentata dal ricordo dei suoi ex, una squadra di sei esponenti del sesso maschile tutti sbagliati in un modo o nell’altro. Il giovane rocker, il ribelle dal cuore troppo tenero, il militare in trasferta, questi e altri i passi di una vita sentimentale che ha decisamente bisogno di una raddrizzata. Forse però sette è il numero fortunato, forse dietro l’incontro casuale con il timido Hyeon-seok si nasconde un segno del destino, la possibilità finalmente di sposarsi e uscire di casa prima di diventare una vecchia trentenne solitaria!
Non è proprio un esempio di moderna emancipazione femminile la nostra bella Eun-jin, ma del resto My Ordinary Love Story vuole essere proprio questo, un’ordinaria storia d’amore tra una ragazza esuberante e un po’imbranata e un giovane introverso ma profondamente innamorato. Nomen omen.. o forse no?
Persone e film a volte possono riservare delle sorprese, specie se giudicati dalle apparenze. Possiamo davvero conoscere nel profondo la persona che abbiamo accanto e che abbiamo deciso di sposare? Siamo proprio sicuri che non ci siano dei segreti nascosti negli angoli più bui, come mostri dell’infanzia ancora in agguato? Suo discapito Eun-jin troverà una risposta a queste domande, perché My Ordinary Love Story poi così ordinario non è, oltre la sua facciata da commedia romantica brillante e pop attende un cuore di tenebra dal carico di violenza non indifferente. Durante la visione del film di Lee Kwon allora viene in mente come cortocircuito cinefilo Qualcosa di travolgente di Jonathan Demme, quel grande film degli anni Ottanta in cui il regista americano provò a lavorare sui generi e sulle aspettative dello spettatore portando la propria storia su toni di violenza imprevisti e scioccanti. Lo stesso cerca di fare Lee Kwon, ma qualcosa nel cambio di registro non funziona come deve e arrivato alla sua fine il film appare riuscito solo in parte rispetto al suo potenziale.
Il turning point di My Ordinary Love Story ci viene mostrato fin dall’inizio, ma con un abile gioco di prospettiva solo in un secondo momento capiamo la portata reale di quanto visto in apertura. Tuttavia a questo senso di spaesamento non segue mai un autentico disagio, un brivido di terrore e di ansia. Il film di Lee Kwon immerge le mani nel torbido e nel melodrammatico, ma il suo cambio pelle non convince fino in fondo, troppo incerto e forse timoroso di spaventare eccessivamente quel tipo di pubblico attratto con le sue premesse ingannevoli. E’ come se il film volesse smontare dall’interno la logica di una commedia romantica rispettandone per filo e per segno tutti i canoni, in modo volutamente banale, ma poi al momento di cambiare tono il macabro sotto il tappeto non esplode per davvero, dal punto di vista narrativo ma soprattutto stilistico. Se la prima parte di My Ordinary Love Story gioca di eccesso su quei toni giovani e pop fatti di montaggio a strappo, personaggi cartooneschi e ritmo musicale, la seconda pare non possedere tutte le carte necessarie per turbare nel profondo. Non sorprende allora come la svolta finale del film torni ad intercettare un sapore romantico, con una nuova consapevolezza certo ma senza un grammo di disagio e autentico orrore. Una dimensione esangue alla fin fine, di qualcosa che non si ha avuto il coraggio o la volontà di portare fino in fondo.