Dossier Satoshi Kon / 2 - Millennium Actress

Ancora una volta per Satoshi Kon il meta-cinema diventa lo strumento ideale per raccontare i propri personaggi e la loro pluralità esistenziale e psicologica.

Possono i ricordi aiutarci ad affrontare con meno paura e maggior serenità il momento della nostra morte? Può una chiave aprire una porta all’interno della nostra mente, oltre la quale ritrovare le memorie e lì, sepolto sotto la polvere di anni passati, il senso della nostra vita?

Attorno a queste domande e dalle suggestioni che esse provocano nasce il viaggio meta-cinematografico di Millennium Actress, il secondo film da regista di Satoshi Kon, che nel ripercorrere la vita e la carriera di una finzionale star del cinema giapponese, Chiyoko Fujiwara, porta in scena lo scorrere dei ricordi e il divenire del tempo, l’intrecciarsi dell’immaginazione e delle proiezioni personali con il sogno di una ricerca sentimentale impossibile, un desiderio d’amore che detterà il passo di un’intera esistenza vissuta in buona parte all’interno di uno schermo cinematografico.

A quattro anni dal potente esordio con Perfect Blue Satoshi Kon è ormai un regista di animazione di un certo calibro, forte di un potere commerciale che gli permette di sterzare rispetto al passato e di cambiare genere, proseguendo comunque in una direzione assolutamente personale. Il thriller psicanalitico diventa così una ricostruzione biografica, la scissione schizofrenica si trasforma nell’elegia di una donna e di un cinema del passato: strazianti melodrammi e grandi ricostruzioni in costume costituiscono la storia cinematografica di Chiyoko, la “madonna di Tokyo” che per decenni ha saputo incantare milioni di spettatori. Tra questi l’allora assistente e oggi regista Gen’ya Tachibana, il cui interesse nei confronti dell’attrice diviene la miccia scatenante del film.

Tachibana infatti ha assistito alla demolizione degli storici studi cinematografici che attorno alla carriera di Chiyoko hanno costruito la loro fortuna. Dalle macerie però emerge una memoria residuale nella forma di una vecchia chiave, un cimelio che Chiyoko aveva portato con sé per gran parte della propria vita. L’oggetto infatti le deriva dall’incontro fortuito con un ribelle governativo, un pittore che aveva stregato il suo cuore di adolescente suscitandovi un amore che avrebbe guidato la donna per tutta la sua vita, spesa alla vana ricerca di un affetto appena accarezzato. Dal ritrovamento della chiave Tachibana cercherà di costruire un documentario dedicato alla vita e alla carriera di Chiyoko, un incontro-intervista che diviene un viaggio attraverso il tempo, nel corso del quale vengono meno le barriere tra finzione e cinema, tra chi ascolta il racconto e chi ne prende parte. Fino alla fine della vita, alla scoperta di quello che potrebbe essere il senso della propria personale esistenza.

Con Millennium Actress siamo lontani dalla tensione di Perfect Blue, da quel meccanismo del doppio che tra Hitchcock e De Palma alimentava un thriller serrato e paranoico. Tuttavia, nonostante Millennium Actress sia un film profondamente diverso e soprattutto attraversato da una grande serenità interiore, ancora una volta al centro del mondo poetico di Satoshi Kon ritroviamo il carattere inevitabilmente schizofrenico della realtà quotidiana, la moltiplicazione del sé in vite multiple, fantasmi che si generano nella crasi tra realtà e fantasia, realtà e sogno, realtà e dimensione onirica. Come Perfect Blue e Paprika (ma indirettamente anche Tokyo Godfathers, con i suoi protagonisti divisi tra la vita presente e quella passata) anche Millennium Actress si manifesta ed evolve come una storia di fantasmi, un racconto la cui protagonista vive attraverso le sue numerose incarnazioni cinematografiche, parti di sé le quali non possono che collimare all’interno della sua ricostruzione biografica, inevitabilmente legata alle vite vissute all’interno del cinema.

Ancora una volta il meta-cinema diventa per Kon lo strumento ideale per raccontare i propri personaggi e la loro pluralità esistenziale e psicologica; Chiyoko Fujiwara diviene così la composizione dei suoi tanti personaggi interpretati, un tutt’uno con la sua esperienza vissuta come attrice, tanto che anche Gen’ya Tachibana e il suo cameraman, seguendo il racconto della donna, non possono che diventare essi stessi parte integrante del mash-up cinematografico che è la sua vita. E per la prima volta, almeno in maniera così radicale e programmatica, tale fusione di piani viene espressa attraverso una tecnica cinematografica precisa, quella del match cut, che diviene qui e soprattutto in Paprika il marchio di fabbrica dell’animazione di Satoshi Kon.

Questo particolare taglio di montaggio permette a Kon di mettere in collegamento tra loro realtà e momenti diversi, uniti da un montaggio che lavora attraverso un’assonanza grafica, compositiva o sonora. Ecco così un risciò giapponese spinto in avanti e fuori campo da Tachibana diventare nel suo controcampo Chiyoko che corre via in bici lungo una discesa, dentro già un altro film, un’altra vita, un altro momento dei suoi ricordi. O ancora lei che corre per una strada e si scontra con un passante, un impatto che nell’inquadratura successiva diventa lo scontro tra un altro suo personaggio e un viaggiatore lungo la banchina di un treno. C’è in particolare una lunga sequenza a tre quarti del film, un momento della sua vita in cui Chiyoko crede di poter rintracciare l’uomo della sua adolescenza e intraprende un viaggio per ritrovarlo, una corsa che attraverso il match cut passa per tutta la sua carriera e la sua vita precedente, in una concatenazione dal grandissimo potere poetico.

E’ attraverso strumenti come questo che Kon porta avanti con Millennium Actress una visione cinematografica personale e unica, all’interno della quale ritratti di straordinaria umanità convivono con dispositivi meta-cinematografici che pongono costantemente il cinema a confronto con la mente umana. Se in Paprika la strada porterà ad una riflessione teorica sul rapporto tra inconscio e schermo cinematografico, Millennium Actress ci regala invece un viaggio nel tempo e nello spazio di grandissima umanità e poesia.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 22/04/2015

Articoli correlati

Ultimi della categoria