Boardwalk Empire (st. 5) / Pilot

Boardwalk Empire torna per la quinta e ultima stagione con un salto temporale di sette anni e tantissima carne al fuoco.

Settembre 2014 sembrava lontanissimo, ma dopo mesi e mesi di attesa è finalmente arrivato. La quinta stagione di Boardwalk Empire sarà anche l’ultima, la chiusura di un percorso quasi mai accidentato, caratterizzato da una qualità media molto alta, altissima nelle ultime due stagioni. Quest’anno si chiude, e non è mai facile per testi come questi, così tesi a riprodursi e replicarsi, a proseguire più che a interrompersi. L’altra novità, per molti traumatica, è che sarà una stagione di un terzo più breve rispetto alle precedenti quattro, solo otto episodi, quasi una miniserie.

Come ormai tutti sanno, la serie è stata capace di superare numerosissimi traumi, soprattutto legati alla dipartita di attori di grande importanza, uscendone sempre più forte, riuscendo cioè a dare vita a stagioni di volta in volta sempre migliori. Non c’era bisogno dunque neanche di vedere l’episodio per averne un giudizio, specie dopo aver letto nei credits che la sceneggiatura di questa premiere sarebbe stata firmata da Terrence Winter (showrunner) e da Howard Korder (co-autore anche del meraviglioso finale della scorsa stagione) e la regia dal solido e talentuoso Tim Van Patten, ormai una garanzia per i prodotti HBO. Golden Days for Boys and Girls è un episodio che può risultare abbastanza ostico per chi non è (più) abituato ai ritmi narrativi di Boardwalk Empire, specie relativamente agli inizi stagionali di una serie che, per sostenere la sua smisurata coralità e il suo approfondito sguardo di tipo storico, ha bisogno di tempo per mettere la dovuta carne al fuoco e posizionare le proprie pedine. Per queste ragioni l’episodio è necessariamente introduttivo, obbligato a presentare le condizioni di alcuni dei personaggi principali, specie a seguito della rischiosa e non banale decisione di effettuare un salto temporale di sette anni tra la fine della scorsa annata e l’inizio di questa. L’autore si pone quindi come demiurgo incontrastato, proprietario della macchina del tempo che gli consente di muovere avanti e indietro le proprie storie, giocando col Tempo e con la Storia, operando a mo’ di fisarmonica in funzione di un obiettivo che verrà svelato solo con i prossimi episodi.

Avanti. Sarà una stagione più breve del solito, motivo per cui Terrence Winter ha deciso di portarsi avanti col lavoro posizionando, nel passato recente dei personaggi, una decisiva quantità di problematiche legate a questa stagione. Il salto temporale di sette anni mette lo spettatore (e prima ancora l’istanza narrante) in una condizione incessantemente interrogativa, ansioso di riempire i vuoti che fin da subito compaiono sotto i suoi occhi. Come diavolo è morto uno come Arnold Rothstein? La Storia ci dice che è morto il 5 novembre del 1928, ma cosa rimarrà della sua morte in questo racconto? Che ruolo avrà Meyer Lansky, suo ex partner? Senza spostarci troppo, lo sguardo cade su uno dei personaggi più importanti della serie, non sfruttato come meriterebbe, Charlie “Lucky” Luciano. Il suo percorso di crescita sembra terminato, come testimonia una nuova e impressionante cicatrice che si ritrova sulla guancia; lo show di Joe Masseria (R.I.P.) dura pochissimo perché gli uomini di Luciano lo fanno fuori nella solita brutale maniera. Quest’ultimo non è però ancora arrivato al vertice, a separarlo c’è il boss Salvatore Maranzano, capo della Cosa Nostra d’oltre oceano, con il quale Lucky stringe un patto di sangue che ha tutta l’aria di non durare molto. Il cuore dell’episodio e dei dubbi è riservato ai personaggi accompagnati dalle maggiori aspettative: Chalky e Nucky. Il primo è ormai ammutolito dal dolore e dal desiderio di vendetta, ma soprattutto misteriosamente incatenato assieme ad altri uomini di colore. Il secondo ha trovato fortuna a Cuba, gestisce il traffico del Bacardi Rum e sembra avere una compiuta e soddisfacente relazione con Sally Wheet (straordinaria Patricia Arquette).

Immagine rimossa.

Indietro. Questa settimana scopriamo che due tra le serie televisive più importanti degli ultimi anni hanno deciso di avviarsi verso la conclusione della loro vita narrativa comportandosi in una maniera molto simile. Nella sesta stagione di Mad Men tutto l’arco narrativo del protagonista Don Draper è basato sulla scoperta del suo passato, sulla rivelazione di traumi fino a quel momento sconosciuti. Come Mad Men anche Boardwalk Empire è un lavoro in costume, con una ricostruzione storica capillare, caratterizzato da una narrazione il più delle volte riflessiva e da un protagonista dall’identità proteiforme. Come Mad Men anche Boardwalk Empire decide di lavorare sul passato del suo personaggio principale proprio in vista dell’arrivo. Per andare avanti bisogna andare indietro, molto indietro, fino alla formazione del giovane Enoch Thompson, senza la quale la serie non può volgere al termine. Siamo allora a un punto cruciale, alla domanda che fino a questo momento non ci eravamo ancora posti: chi è Nucky Thompson? La forza del suo personaggio, esattamente come per Don Draper, è sempre stata nel suo passato celato che in quanto tale tagliava i ponti con qualsiasi sospetto di fragilità caratteriale, qualsiasi debolezza anche solo apparente. Ora il traguardo è vicino ed è il momento di dire basta e scoprire le carte. Non c’è più tempo.

Senza esagerare sotto nessun fronte, ma mantenendo un grandissimo equilibrio sia dal punto di vista del ritmo narrativo, sia da quello del rigore stilistico, Boardwalk Empire torna con un episodio di grande spessore, riuscendo a soddisfare le aspettative riposte. La solita cura dei particolari si presenta in tutta la sua meticolosità, così come il gusto per quei momenti improvvisi di ultraviolenza (esemplare la scena del taglio dell’orecchio). Dopo un inizio che preannuncia la ricerca di un passato nascosto tramite la nuotata subacquea del giovane Nucky in cerca della tanto desiderata moneta, l’episodio si dipana terminando la propria struttura in maniera circolare, dove aveva iniziato, cioè con quella poesia/filastrocca che la mamma di Nucky racconta al figlio. Non mancano le domande sui personaggi non ancora mostrati come Narcisse, Van Alden, Eli, Gillian e Capone, caratteri dall’importanza capitale che sicuramente ritroveremo dal prossimo episodio.

Autore: Attilio Palmieri
Pubblicato il 11/09/2014

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