Addicted – Serie TV e dipendenze
Cinque studi critici che analizzano le serie TV più amate del momento, da Twin Peaks a The Big Bang Theory
Addicted – serie TV e dipendenze si presenta come un volumetto prezioso, curato e originalissimo nell’impostazione grafica (il progetto è della stessa curatrice, Carlotta Susca) con tanto di illustrazioni in bicromia azzurro-grigio, firmate dalla brava SoniaQQ.
Una lettura agile, un percorso strutturato in cinque tappe – tanti sono gli autori del libro – che si propone di indagare i punti di interconnessione tra le serie TV più amate del momento e il concetto di dipendenza, declinato, nei singoli contributi di analisi, in modalità peculiari e differenti. Perché la dipendenza non è solo quella che si innesca nello spettatore, spesso ossessivo più che appassionato, di fronte alla serie TV prediletta. Ce ne sono molte altre, prima fra tutte quella che a volte segna il rapporto tra prodotto televisivo e cinematografico, che è molto più che un semplice meccanismo di filiazione. Ce ne parla Leonardo Gregorio nell’ottimo saggio di apertura, offrendo una panoramica su tre serie (Ash Vs Evil Dead, Minority Report e Fargo) esemplificative di tre modalità diverse di rapportarsi all’universo cinematografico da cui prendono le mosse. E se di Sam Raimi e Steven Spielberg – rispettivamente in Ash Vs Evil Dead e Minority Report – sul piccolo schermo non restano che segni iconici superficiali, della poetica sospesa, malinconica e beffarda dei Coen, nella serie Fargo, si percepisce invece ancora tutta la profondità: “Fargo non è la messa in serie televisiva di un film, è un saggio su tutto il cinema dei Coen”, afferma l’autore (p. 31).
Il successivo studio, di Michele Casella, si concentra invece sull’utilizzo del sonoro e della musica scorrendo a volo d’uccello ben otto serie televisive (l’immancabile e ipnotica Twin Peaks, la nerissima Gomorra, e poi ancora The Knick, Stranger Things, Sense8, The Get Down e Vinyl). Con perizia e attenzione, l’autore analizza quelle partiture sonore che si fanno componente espressiva cruciale e luogo di veicolazione di contenuti specifici, senza dimenticare di circoscrivere in senso più ampio le coordinate del discorso (ad esempio, rimarcando come la digitalizzazione dei contenuti influisca sulle modalità di fruizione degli stessi, eternamente disponibili nel mare della rete che tuttavia frammenta la coerenza unitaria di qualsivoglia opera discografica).
Interessante ed estremamente limpida è poi l’analisi di Marika Di Maro, che pone lo spettatore di fronte al proprio meccanismo di dipendenza, che si origina, suggerisce l’autrice, a partire ora dalla trama (Pretty Little Liars, che vale da esempio per le cosiddette serie plot driven) ora a partire dal personaggio (è il caso delle storie character driven, come la spassosa e adorabile The Bing Bang Theory con protagonista Jim Parsons nel ruolo dell’eccentrico Sheldon Cooper).
Jacopo Cirillo seleziona invece cinque serie (The Affair, Fleabag, Ray Donovan, Love, You’re the Worst) nelle quali l’elemento che genera dipendenza, stavolta tra un personaggio e l’altro, è l’amore: viene indagato attraverso le “categorie timiche” espresse da una scala graduata – che va dall’euforia alla disforia – presa in prestito dallo studioso di semiotica Algirdas Julien Greimas.
Chiude il testo il contributo della curatrice Carlotta Susca, che impernia la sua riflessione sul senso e sul valore dell’epilogo come elemento che da un lato genera tensione narrativa ma dall’altro sospende sempre più la sua irrevocabilità: sia perché le aspettative e le richieste del pubblico riescono ormai ad orientare l’andamento della serialità, sia in virtù del proliferare di spin-off, revival e reboot che annulla o sospende la linearità cronologica del racconto. Fino ad arrivare al caso limite di Twin Peaks, immenso universo fluido e autoreferenziale in cui il tempo si stratifica, si strappa e si avvolge su se stesso grazie alle splendide suggestioni del suo visionario creatore David Lynch.