Roma 2012 / Marfa Girl

Si pensava ad uno scandalo, ma si contano di più gli sbadigli. Un debutto in sordina, quello di Marfa Girl, in concorso al Festival di Roma. Alla regia, Larry Clark, artista poliedrico, fotografo, film-maker e scrittore, di ritorno alla macchina da presa dopo una pausa lunga dieci anni, a raccontare un’altra storia di borderline, ma senza vena autodistruttiva, solo sesso, erba e qualche striscia di coca da tirare sulla cassa di una chitarra, in vero stile bohèmien. Nella contea di Marfa, in Texas, c’è poco da fare. Fa caldo, la scuola sta per finire e molti ragazzi si lasciano trasportare da musica elettronica, qualche canna e infinite chiacchierate su quanto è bello inneggiare all’amore libero. Adam, un ragazzo di 16 anni, vive con la mamma che lo adora e una colonia di uccelli come fratelli. Suo acerrimo nemico, un poliziotto bianco, rude, arrabbiato e violento che vomita la sua ira funesta su chi ha la malaugurata sorte di capitargli sulla strada. Allontanato da moglie e figlio, cerca la sua rivalsa sui più deboli, inseguendo un’eccitazione che gli risveglia il corpo solo se unita al dolore più acuto. Dall’altra parte della strada impolverata, Donna, 23 anni, è pronta ad aprire tutte le porte del paradiso ad Adam, iniziandolo a piaceri che poi confluiranno tra le forme scheletriche della ragazza che ama. La sua situazione sarà complicata ulteriormente da un’altra donna, che incrocia la sua via per interminabili conversazioni sul mistero femminile,una ragazza promiscua e senza nome che riuscirà a infondere il seme dell’amore anche in chi non potrebbe concederselo.

La vita scorre su questo quartiere soleggiato, dove al posto di steccati imbiancati sorgono griglie metalliche scassinate, mentre dalle verande cigolanti filtrano raggi di una vita segreta, silenziosa e disincantata. Sulla scia lasciata dalle ruote degli skate scorre l’indagine su temi universali, che toccano quei conflitti morali, politici e religiosi tanto cari a certo cinema. Immigrazione e tensioni razziali vogliono emergere dai muri su cui si scontrano le dinamiche adolescenziali dei protagonisti, raggianti al di là della noia, brufolosi bachi in attesa di fiorire. Larry Clark illumina l’interno più intimo dei suoi personaggi, preferendo rispettare l’individualità di ognuno, senza alterarne il nome, in ossequio a quella vena di realismo che la pellicola si prefigge di rappresentare. Marfa Girl vuole imporsi a tutti come una profonda analisi sociologica sull’integrazione, con accenni di esistenzialismo puro che sfociano tra sprazzi di immagini accese da colori forti e caldi, a sottolineare il filo conduttore di alienazione, tra pulsazioni accelerate e impasse emozionale. Disinibiti, questi ragazzi dagli ormoni in visibilio, si trascinano da un letto all’altro, preceduti da pedinamenti silenziosi che vogliono restituire una relazione con quell’ambiente sconfinato e lunare, o da infinite speculazioni su gioie oscure da scoprire. Di passaggio rantoli e affanni, un colpo di fucile e sguardi fissi sul tramonto a chiudere un ritratto pittoresco e narcisista, dove rituali mistici procedono sul tragitto già varcato di una profusione di dettagli della carne. L’ultimo sguardo conclude quel sentiero metadiscorsivo che segna l’intera pellicola, gettando all’infinito fuori campo il segno di un nuovo inizio. In definitiva, il lavoro di Clark sembra ispirarsi ad una corrente di quel cinema indie che tanto ha fatto discutere, mancando però lo scavo psicologico che ne motivava le scelte, riducendosi quindi ad una vuota struttura che si autoriflette.

L’idea di raccontare l’altra America con un’autenticità provocante si svela tutta in una “sofisticata” predica sulla stimolazione clitoridea. Peccato per il gusto notevole nel trattamento delle immagini, accompagnate da una musica quasi sempre diegetica, e l’apprezzabile desiderio di infrangere i tabù della società, perché, in un simile contesto, le luci puntate a risvegliare latenti tensioni erotiche esplode tutta nei discernimenti dispensati da un’inquadratura all’altra, proclamando Marfa Girl un cult mancato.

Autore: Marta Gasparroni
Pubblicato il 22/01/2015