Guadagnino fa ancora, come se fosse sempre la prima volta, un "critofilm": questa volta l'oggetto in analisi è il paesaggio americano degli anni 80, ricettacolo di rimossi culturali e teatro di spettri che attendono solo forma corporea.
Pamphlet apocalittico, satira frontale, ma soprattutto fotografia non troppo deformata di un'umanità indifferente a tutto perché ormai incapace di comprendere sé stessa e affrontare il reale. Adam McKay torna con il suo progetto più ambizioso e disfattista.
Un kolossal magnifico che sorge dalle sabbie del deserto, attraverso l'immagine-spezia, per vedere oltre, unendo pensiero e spettacolo all'insegna dell'omaggio fedele all'originale.
David Michôd firma un originale Netflix che ringiovanisce il materiale di partenza ma ne appiattisce le potenzialità e le dinamiche potenzialmente più forti.
Felix Van Groeningen sceneggia e dirige un melodramma sulla tossicodipendenza che non riesce a brillare, avvalendosi comunque di due ottimi Steve Carrell e Timothée Chalamet.