Desplechin continua a giocare con le maschere e gli pseudonimi per cercare di raccontare se stesso: questa volta scivola nella pelle di un Philip Roth esiliato e accerchiato dai fantasmi del proprio desiderio.
Anderson spinge le sue immagini fino alla radicalità per tentare un discorso di elaborazione del trauma della morte ma paga un prezzo troppo alto: perde il mondo e perde il cinema.
Si conclude la storicizzazione del mito postmoderno, l'ultimo film di Bond-Craig chiude un arco narrativo che per riflessione simbolica, storica e linguistica non ha pari nell’immaginario pop contemporaneo.