Tekno – Il respiro del mostro

Le T.A.Z., i Rave e i Teknival vengono indagati da Andrea Zambelli nel suo Tekno – Il respiro del mostro, documentario on the road e musicale che cerca di far chiarezza su questi fenomeni.

«I videogiochi non influenzano i bambini,

voglio dire se Pac-Man avesse influenzato la nostra generazione,

staremmo tutti saltando in sale oscure,

masticando pillole magiche e

ascoltando musica elettronica ripetitiva»

Kristian Wilson, Nintendo’s Administrator

Andrea Zambelli nel presentare il suo Tekno – Il respiro del mostro, al Bergamo Film Meeting, disse: «Nel mio percorso di regia mi ha sempre affascinato raccontare dall’interno fenomeni sociali che i media strumentalizzano, rilevando l’incapacità dei mezzi di comunicazione di descrivere efficacemente l’oggetto osservato». Verso la fine di Tekno, con un roboante Split Screen, Zambelli assembla diversi mezzibusti di telegiornali nazionali e pubblicità progresso in cui si (s)parla dell’ennesima vittima ad un Rave. Classiche giaculatorie moralistiche che raccontano l’accaduto in poche parole, e atte solo a condannare la manifestazione e mettere in rilievo solo quel tragico aspetto. E proprio mosso anche da queste usuali informazioni faziose che il regista bergamasco è partito per indagare e descrivere questo misconosciuto fenomeno, attraverso una ricerca documentaristica lunga e tortuosa, sia in senso geografico e sia in senso di tempo di assemblaggio della mole di materiale accumulatosi in quasi un decennio.

Ma che cosa è un Rave Party? I Rave sono feste clandestine, Free Party che cominciano ad imporsi alla fine degli anni Ottanta come manifestazioni che, al di là dello sballo psico-fisico, hanno un sotteso significato politico; è una lotta contro la deriva edonistica delle feste e del divertimento sociale, fatte di discoteche o festival divenute capitaliste. I Rave Party si svolgono in clandestinità, in zone fuori città all’aperto, oppure al chiuso in fabbricati ormai in disuso. Si vede uno squarcio di Rave anche nel recentissimo Eden di Mia Hansen Løve, pellicola che rievoca la nascita e l’evoluzione della musica elettronica francese (il famoso French Touch), e che agli albori era musica che si poteva consumare solo in modo clandestino in campagna, dentro un obsoleto e arrugginito sottomarino. I Rave Party possono durare una – lunga – notte oppure anche diversi giorni, dando origine, sempre illegalmente, un Festival. La musica che muove e ritma queste manifestazioni è prevalentemente la Tekno, versione “Hard & Strong” della musica elettronica, che detta il movimento – e lo sballo – tra 150 e i 200 BPM. Ma anche questo è solo un aspetto esteriore e superficiale dei Rave, perché spesse volte c’è dell’altro, c’è una grossa teoria dietro.

Ecco, Zambelli con Tekno – Il respiro del mostro è questo che vuole mettere in luce con il suo documentario; cercare di fare un degno sunto di quello che sono, o dovrebbero essere, i Rave. In questa indagine si potrebbe dire che Tekno visivamente è arrangiato in due fasi, dove ad una prima parte teorica, marcata da una forte parte verbale/esplicativa, segue una parte pratica, cioè la visione della costruzione dei Teknival. Attraverso le dichiarazioni di alcuni navigati frequentatori di Rave, supposti “saggi” contemporanei, veniamo a conoscenza che queste manifestazioni si nutrono soprattutto del pensiero dello scrittore anarchico Hakim Bey, enucleato nel suo saggio T.A.Z.: The Temporary Autonomous Zone, Ontological Anarchy, Poetic Terrorism. Come spiega già il logorroico titolo le T.A.Z. sono spazi abbandonati, spesse volte ex aree industriali, che bisogna riconquistare per creare un luogo di libertà che elude l’oppressione delle istituzioni. Ma la T.A.Z. riesce ad avere forza dirompente, anarchica e efficace, solo se è di breve durata (temporanea), perché altrimenti assimila le regole e la struttura della società capitalista. Questo fenomeno di riconquista nasce a Londra alla fine della decade degli anni Ottanta, ma sbarca e si propaga in Europa a causa della forte repressione da parte dello stato sovrano inglese; e questa casuale “fuga” dona alla T.A.Z. un altro aspetto che connoterà fortemente questa lotta: il nomadismo.

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E proprio su questa necessità di trovare luoghi da riconquistare che il documentario prende la forma di un road-movie. I Teknival si organizzano, di nascosto, in varie parti d’Europa, prevalentemente nell’Est Europa, attraverso lunghi viaggi di camion e furgoni, che rappresenterebbero una ultra moderna versione delle carovane dei cowboys. Dal documentario veniamo a conoscenza che seppur clandestini ed illegali i Rave sono molto “sponsorizzati” (nascostamente) attraverso la rete internet (altro elemento necessario teorizzato da Bey per generare e aumentare le T.A.Z.). Questa nuova forma documentaristica on the road da, inoltre, a Zambelli la possibilità di divagare e dare piccole impressioni visive dell’ambiente sociale e urbanistico che sta intorno ad un Teknival. Le riprese realizzate durante il percorso nell’Europa Orientale post cortina di ferro indugiano su quello che è rimasto del Comunismo (ad esempio a lato di una statua di Lenin c’è una insegna del McDonald). Questa indagine ci ricorda di come il regista bergamasco era stato uno dei registi della seconda unità del documentario On the Road La strada di Levi (Zambelli aveva realizzato le riprese sull’autobus che portava la gente dalla Moldavia in Italia). Potremmo affermare che questi squarci visivi sono una piccolissima appendice del documentario di Ferrario. In questi lacerti vediamo come le cittadine dell’Est Europa siano rimaste povere e ancora con il culto dei vecchi tromboni del fu Comunismo; case sgaruppate e gente che sembra parlare un lontano e misconosciuto linguaggio, praticamente fantasmi di un passato recente.

Ma tornado al tema principale de Il respiro del mostro, Zambelli ci mostra come i vituperati Rave siano luoghi e momenti in cui ci sono anche famiglie con bambini, e nel loro svolgersi ci sono momenti di stasi creativa e ipersociale. Si, perché un Rave è anche una versione aggiornata della controcultura nata negli anni ’60. E su questo parentado antropologico Zambelli unisce queste lontane rappresentazioni di libertà di espressione attraverso un montaggio sovrapposto, dove le antiche immagini di hippies festanti sono ritmate dall’odierna tekno. Cambiano i costumi, la musica, gli strumenti, ma gli ideali sono rimasti gli stessi, cioè le libertà di espressione. Ma, purtroppo, a questo aspetto costruttivo e felice dei Teknival, corrisponde anche un aspetto negativo, cioè la partecipazione di scapestrati individui. In questo caso gli astanti casuali vogliono solo avere il loro momento di libertà, un veloce relax dal logorrio della vita quotidiana. Come vengono definiti da uno dei “saggi”, questi sono i partecipanti di fine settimana, che cercano solo il rapido sballo attraverso le droghe sintetiche, e che poi spesse volte sono quelli che muoiono e vengono citati, a mo’ di monito, dai telegiornali e mettono in cattiva luci i Rave. Sono individui che non hanno ideali politici, ma solo cercano il puro “sfascio”.

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Ma i Teknival, i Rave e/o le T.A.Z. musicali sono delle rappresentazioni aggiornate di funzioni tribali. Il luogo prescelto, i “rituali” di edificazione dello spazio, la musica pompata, le droghe di sostentamento (ben calibrate) dimostrano come ci sia una attenta liturgia. Ad esempio l’immenso muro di casse, dove i partecipanti vi ballano estasiati davanti, è il moderno totem da venerare, e dalle cui bocche esce il suono liberatorio che dona energia; è il famoso respiro del mostro, che alimenta la libertà individuale e libera la mente. Ma Tekno – Il respiro del mostro contiene anche altre informazioni, dalla repressione da parte della polizia nella Repubblica Ceca, dove c’è stato un morto, 180 feriti e 60 arreti; alla immediata maxi manifestazione a Praga contro tale repressione, passando per le colorite dichiarazioni libertarie dell’eretico Don Gallo e alla grande protesta al Parlamento Europeo, a Straburgo nel 2006, contro questa insensata quanto violenta repressione.

Andrea Zambelli con Tekno – Il respiro del mostro vuole fare controinformazione, come conferma l’intervista ad inizio recensione, ma non vuole dare giudizi positivi o negativi. Lui ha seguito le manifestazioni, le ha filmate e ha voluto creare un’opera in cui il giudizio critico finale poi spetterà allo spettatore. Non è un documentario perfetto, anche perché cerca di comprimere un argomento vasto e sfaccettato in 70 minuti, ma ha il merito di inserire ironia nella materia. Innanzitutto la sferzante citazione iniziale di Kristian Wilson, e poi la non celata – almeno per noi – rappresentazione dei “saggi” dei Rave, che spiegano la teoria in uno stato visibilmente fumato. La forma di Tekno – Il respiro del mostro è un mosaico di sguardi – inteso come inquadrature – su questo fenomeno magmatico, cercando di cogliere almeno visivamente il senso di libertà. Zambelli, al suo sesto lavoro documentaristico, conferma come il suo interesse sia quello di catturare e affrontare storie di persone e di ambienti sparsi per il mondo.

Ma il documentario Tekno – Il respiro del mostro si inserisce anche in un originale e necessario discorso produttivo della RossoFuoco, casa di produzione indipendente fondata dal critico e regista Davide Ferrario e dalla scenografa Francesca Bocca. Nel suo listino si trovano pellicole che gettano lo sguardo in realtà umane e paesaggistiche poco note. È quell’idea di catturare, fermare e “immortalare”, attraverso il documentario, con la fiction pezzi di vita privata e sociale; opere che si occupano prevalentemente del territorio italiano, ma che valicano anche i confini. Davide Ferrario, nei suoi esercizi documentaristici, aveva ante-litteram realizzato quello su cui poi si basa la RossoFuoco. Una manciata di esempi sono l’instant documentary Lontano da Roma, realizzato nel 1991 e che mostrava il nascente fenomeno della Lega Nord; Materiale resistente, co-realizzato con Guido Chiesa nel 1995, che mostrava l’istallazione di un “rave” partigiano per celebrare e non far dimenticare il 25 aprile.

Autore: Roberto Baldassarre
Pubblicato il 09/03/2015

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