Fondation Maeght / Gérard Garouste: En chemin

Un viaggio all'interno dell'opera dell'eccentrico artista francese

Le vie della pittura sono sempre state vaste e multiformi e sicuramente la grande stagione di riscoperta e reinvenzione che lo storico medium attraversa fra la metà degli anni ’70 ed i primi ’80 resta una stagione che meriterebbe un nuovo impegno critico e studi più approfonditi. Non soltanto le scene internazionali conoscono pittori provenienti da aree geografiche che avevano sofferto un qual certo isolamento (DDR per la Germania, come certe paesi di area nordica/scandinava), ma tutto un fluire di entusiasmi e riscoperte - di approccio, metodo di lavoro e di scelte metodologiche - sono espresse da artisti che conquistano una nuova visibilità anche negli Stati Uniti, in Italia, fra il Belgio e l’Olanda ed anche in Francia. Del resto, come evidenziato fin dalla metà anni ’60 dai pittori della Nouvelle figuration o della Figuration narrative (figure come Arroyo, Cremonini, Telémaque, Klasen, Kermarrec, Monory o Cueco), secondo l’interpretazione che arrivava anche da ambiti culturali rilavanti (ed “impegnati” - con assensi da personalità come Herbert Marcuse o Jean-François Lyotard), per un artista realmente “contemporaneo” era necessario arrivare a poter manifestare il proprio lavoro “come un autentico individuo” immerso nel tempo e nello spazio attuale, e non si tratta certo più di dovere inventare scoprire nuove forme d’espressione artistica fini a se’ stesse, quanto invece d’offrire esempi per pensare e ragionare in termini di aperto engagement intellettuale. E se certo viene da pensare che simili scelte fossero decisioni squisitamente originali, autonome - anche “concettuali” (seppure in una diversa accezione del termine), gravide di significati e di conseguenze per gli anni a venire - non in tutti i casi gli esiti hanno mantenuto quelle promesse che sembravano preludere a svolte importanti. Anche la Francia ebbe così un’intensa stagione e fra nuovi artisti (come nei casi già citati delle diverse forme di Figuration ), amati spesso da scrittori e filosofi, ecco comparire verso la fine degli anni ’70 - in tutta la sua forza - un artista come Gérard Garouste, caso forse più unico che raro, talento eccentrico e inclassificabile, autore di un corpus ampio e spettacolare di pitture, sculture, disegni, scritture e riflessioni che ne fanno una delle traiettorie artistiche più complesse e forse bisognose di un’attenta riconsiderazione, riconsiderazione che però parta dalla disamina ravvicinata di alcune fra le sue opere più preziose ed accattivanti.

Proprio quest’estate e ancora fino al prossimo 29 novembre, in Costa azzurra, presso le luminose sale della Fondation Maeght, a Saint-Paul de Vence, è ospitata una vasta retrospettiva dedicata alla densa pittura creata negli ultimi 30 anni da Garouste. Molto tempo è comunque trascorso da quella stagione - come spesso càpita (un po’ tutto il Novecento sembra esserne stato attraversato) nuovi ritorni alla pittura sono stati annunciati e si sono avvicendati, ma resta difficile incasellare con semplici formule uno spirito così libero e irrequieto come nel caso di Gérard Garouste. La grande mostra(non però per numero quanto per intensità delle scelte espositive), articolata presso la fondazione, è certo occasione preziosa per riaccostarsi non semplicemente ad un talento singolare praticante l’antica arte, quanto soprattutto ad un’idea di opera d’arte che non teme di ingaggiare confronti impegnativi con tutto un insieme di tradizioni filosofiche, religiose ed esoteriche con cui una certa tradizione della storia dell’arte s’è a lungo confrontata.

Va ricordato che già lungo l’estate 2013, presso la medesima fondazione era stata presentata Les aventures de la vérité , un’esposizione ambiziosa dedicata ai complessi rapporti fra pittura e filosofia, il cui progetto, corredato da ricco catalogo, era stato concepito e sviluppato dal noto Bernard-Henri Lévy che aveva ipotizzato uno stratificato percorso meta-temporale in sette “sequenze” che provava a mettere in scena e ad analizzare la fascinazione e le tensioni reciproche fra filosofia e pittura, attraverso qualcosa come quasi 140 opere, sia contemporanee che antiche, in un continuo andirivieni - un attraversamento, quasi - fra spunti teorici suggeriti da immagini, quanto da figurazioni quasi emanate da pensieri ed interessi filosofici. Rileggendo, senza tentazioni storiciste ne’ cronologiche, la storia di questa doppia, reciproca fascinazione fra le due discipline, BHL lasciava scaturire la forza progressiva della pittura che conquistava così un riconoscimento quale vera e propria “essenza” autosufficiente (i riferimenti spaziavano da Nietzsche a Platone) per arrivare al tempo presente in cui l’arte (figurativa) sembra farsi oramai beffe di ogni teoria e della filosofia stessa.

In qualche modo proprio condividendo un analogo interesse a mettere in campo un confronto/scontro fra le molteplici sollecitazioni che simili concezioni della pittura mettono in scena, anche il denso percorso con più di 80 opere (grandi dipinti ad olio, sculture ed una scelta di disegni inediti presentati sotto teche, nonché un documentario/ritratto) rappresentato dall’attuale mostra si concentra soprattutto sugli ultimi 25 anni di produzione del pittore francese. Le linee comuni che emergono dai tanti esempi di pittura di Garouste esposti, rivelano vere e proprie ossessioni religiose, mitologiche e soprattutto allegoriche che sembrano portare l’esperienza (che se ne fa) verso lidi raramente toccati dall’arte del ’900 e soprattutto della seconda metà del secolo appena trascorso...

Il percorso gioca su un excursus solo apparentemente cronologico: in realtà i richiami ad associazioni ed interpretazioni, solo apparentemente risultano familiari, mentre invece, molto più spesso operano forti suggestioni stranianti. Le fonti d’ispirazione alternano soggetti letterari con soggetti/ritratti di amici e famigliari, alternati a suggestioni bibliche o religiose di vivida e fiammeggiante potenza rappresentativa. Ed è più esattamente nella dimensione della tecnica pittorica messa in atto, che Garouste opera come in un continuo processo di specchi deformanti. La pittura, già solidamente proiettata verso ambiti rappresentativi di eccezionale impegno, per tensione e gusto dell’evocazione, tende spesso a giocare di deformazione, allungando, distorcendo e modificando le forme, spesso come avvitandosi su se stessa e originando visioni di febbrile e allucinata intensità. Si tratta anche spesso di una vena grottesca, dove il gusto rappresentativo, sempre di grande virtuosismo tecnico, opta per un senso tragicomico e spiazzante: personaggi e situazioni, colti ed enfatizzati dalle loro deformità, si slanciano in pose (e distorsioni) acrobatiche, sottolineate da una gamma di colori fortemente accesi. Seppure molti dei soggetti - fin dai titoli - lascino trasparire la densa sapienza dei testi letterari, filosofici e religiosi rievocati (talvolta con un corredo di presenze simili a santi, protagonisti di parabole e di racconti leggendari come nel caso del Golem, oppure della Divina Commedia o ancora di Don Chisciotte), sono i diretti risultati visivi e quasi “sensibili” di tale pittura che trasmettono forti impressioni su quelle che possono essere le potenzialità di un’arte che costantemente si auto-interroga. Certo la pittura di Garouste è operazione che sa assommare su di sé tutto un corso di allargamenti semantici che le arti dell’ultimo secolo hanno ambìto a raggiungere, ma al contempo non può rinunciare al dialogo con la solida tradizione di secoli di grande pittura europea: gli echi del Manierismo e del Barocco più visionario non si celano, anzi giocano a riemergere in inaspettate combinazioni che attraversano le epoche per toccare la sensibilità odierna ma il pittore francese ne è attento convogliatore e trasformatore di forme e formule visive.

Le particolari capacità espressive del mezzo pittorico nel caso della produzione pittorica più recente di Garouste si caricano di forza e significati che trascendono gli abituali riferimenti che pur molta pittura porta con sé. In questo caso infatti, Garouste porta i propri spettatori a entrare in una dimensione della visibilità dove l’insieme dei riferimenti (culturali, storici o religiosi) sono compendiati e trascesi attraverso la centralità quasi assoluta della figura umana. Come già ben descritto da Deleuze (nel celebre saggio dedicato a Bacon, Logica della sensazione), dal momento che la pittura ha solo due possibilità per sfuggire alle trappole del “figurativo” più consunto - o si muove verso la pura forma attraverso l’astrazione, oppure va verso il “figurale”, attraverso un processo di estrazione e/o isolamento, una scelta dev’essere operata. E se il pittore opta per mantenere la Figura (umana), eccolo così scegliere la seconda strada, opponendo il “figurale” al figurativo. Questo termine - “figurale” - ha un’importanza primaria per distinguerlo chiaramente da un semplice approccio rappresentativo, in un’accezione piana e semplicistica dell’arte figurativa. Non semplice distinzione formale, ciò che è proposto attraverso il figurale è un’ipotesi di opera artistica che operi con e sulle sensazioni - sensazioni in grado, proprio sulla scorta di Francis Bacon - di toccare da vicino i sensi ed il sistema nervoso, saltando le modalità comunicative legate a letture cerebrali e puramente intellettuali, proiettandosi verso un’apertura di ciò che abitualmente è chiuso alla percezione umana grazie all’attivazione di una potenzialità racchiusa nella “vibrazione” trasmessa dalla sensazione.

E difatti questi sbalzi fra stati emotivi, sentimenti contraddittori e contrastanti, sono alla base di tutto il lavoro di Garouste (soprattutto negli anni più recenti) - in una traiettoria di vita attraversata fra alti e bassi che hanno periodicamente accompagnato l’artista anche lungo i bordi e dentro le sofferte fasi della depressione e del disagio psichico - ma che tutt’oggi vivificano e spingono il pittore a continuare a proporre queste sue visioni in movimento, lungo una passeggiata o meglio un’esplorazione (simile al titolo scelto per l’esposizione stessa) che è il suo percorso nella storia della pittura e dell’arte.

Video dell’esposizione (con presentazione di Olivier Kaeppelin): expositiongerardgarouste

Autore: Francesco Bern…
Pubblicato il 02/10/2015

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