Far East 2015 / Make Room

24 ore di dietro le quinte di un set pornografico raccontate con ironia e un’innegabile talento registico

Che si tratti di un programma tv, una realtà politica o la gestione di un giornale, il “dietro-le-quinte” è una modalità di racconto sempre attuale e capace di suscitare interesse. C’è addirittura chi come Aaron Sorkin ne ha fatto una cifra stilistica personale e ricorrente. Del resto lavorare sui retroscena di realtà organizzative complesse permette di svelare meccanismi di lavoro poco conosciuti e di intrecciare a tali prassi personalità e storie di quell’ambiente. In questo sotto-genere si colloca a pieno diritto Make Room di Kei Morikawa, quasi 24 ore di dietro le quinte di un film porno giapponese sintetizzate in meno di un’ora di mezza.

Cinque attrici da truccare, un regista spazientito e l’assistente bloccata nel traffico chissà dove. Si prospetta una giornata di lavoro impegnativa per Kyoko, truccatrice di film per adulti. Ad aggravare la situazione si aggiungono poi altri imprevisti, dalla protagonista del film che tarda ad arrivare alla novellina terrorizzata dall’idea del debutto – oltre ad una sceneggiatura inaspettatamente complessa che nessuno pare aver letto per davvero. Ambientato interamente nella stanza della location scelta come camerino, Make Room porta sullo schermo i lavori caotici e affrettati di una produzione per adulti semi-professionista, tra tabelle di marcia che saltano,attrici da gestire, scene da improvvisare. Un vero e proprio magma, che Kei Morikawa decide di riprendere in antitesi, opponendo al flusso caotico di attori e troupe lunghi piani sequenza con camera fissa e lievi movimenti di macchina, che esaltano certamente la genesi teatrale dell’opera (nata dalla penna di una pornostar giapponese presente anche nel film) ma inquadrano tutte le vicende in una prospettiva distaccata e ironica. Morikawa evita infatti ogni dinamismo del linguaggio, e relegando il movimento solamente all’interno dell’immagine rivela una capacità registica non indifferente, per come riesce a rendere scorrevoli anche le inquadrature fisse più lunghe orchestrando al meglio gli spostamenti degli attori sulla scena. Quest’approccio inoltre gli permette di esaltare il ruolo centrale di Kyoko, vero punto di riferimento all’interno del caos del set. E’ lei del resto a consolare l’attrice spaventata e a far addolcire quella più presuntuosa, è lei a preparare le ragazze e far studiare loro la parte; senza perdere mai la calma ma opponendo ad ogni imprevisto un pragmatismo molto razionale, di fatto rende possibile tutto quello che accade in un secondo momento sul set – e di cui non vedremo mai nulla.

Se si va oltre la facciata di racconto piccante sulla scena pornografica giapponese, Make Room si rivela allora un film ben più raffinato e curato di quanto avrebbe potuto essere; Morikawa evita di ostentare dettagli gratuiti ma tratta anzi la materia con estrema naturalezza (del resto alle spalle ha anni di esperienza come regista di film porno). Questa capacità emerge soprattutto per come tratteggia ciascuna delle attrici, cinque personalità diverse che nell’insieme sembrano creare un unico ritratto complesso e sfaccettato, forse leggermente edulcorato rispetto all’oscurità che pervade certi aspetti di questo settore ma anche libero da ogni vittimismo e pudore. Tutte le attrici coinvolte, compresa la debuttante, vivono con piacere la loro professione, un lavoro che hanno scelto di perseguire in piena libertà e del quale vanno anche fiere.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 28/04/2015

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