Michael Mann, creatore di immagini

A venti anni dal Castoro dedicato al regista di "Heat" (e altri capolavori), il critico Pier Maria Bocchi torna a quella monografia ripensandola e ampliandola, rendendola anche una guida di metodo al guardare.

mann minimum fax

Edito da minimum fax cinema – come parte di una nuova serie dedicata all’audiovisivo che sta via via accogliendo testi italiani e tradotti di grande interesse – Michael Mann, creatore di immagini è un libro che si presenta con un ché di letterario, un’anima anzitutto attenta al rapporto che si dispiega tra il pensiero e le parole, prima che le immagini. Non tanto per la prosa (densa, spesso brillante e comunque accessibile, abilmente informale e attenta a rispettare il fare pratico di un regista che della concretezza animata da intuizione teorica ha fatto uno dei suoi elementi di stile) ma perché il libro di Pier Maria Bocchi è prima di ogni cosa il frutto di una scrittura che riflette su sé stessa ripensando il proprio ruolo epistemologico nel rapporto tra le immagini e il mondo.

Il titolo infatti è la riscrittura del Castoro che Bocchi aveva già dedicato a Mann nel 2002, e dove molti si sarebbero accontentati di aggiornare la monografia tutt’al più limando intuizioni e dettagli Bocchi riscrive, ripensa, trasforma, evidenziando nella prefazione tutti i limiti di quelle pagine che «pretendevano di raccontare il mondo dell’autore con le ambizioni di un completismo e di un assolutismo ideologico un po’ adolescenziali».
Per l’autore i 20 anni che separano i due libri non sono una circostanza strettamente cronologica ma il terreno in cui il suo pensiero sul cinema si è affinato e fatto più complesso, attento, come altresì «sono cambiate le immagini, […] la loro produzione, la loro riproduzione e la loro ricezione». Michael Mann, creatore di immagini è allora un testo particolarmente nobile perché nasce dal desiderio e dal bisogno di continuare a interrogare non solo il proprio sguardo ma anche la propria scrittura, in quanto veicolo d’espressione e condivisione di un pensiero da intendere come non completo ma perennemente inquieto (e del resto costantemente mobile, cangiante e irrequieto è anche il cinema di Mann). Porre un accento iniziale così forte e marcato su quanto sia cambiata la sua e «nostra attitudine e predisposizione alle immagini», fa sì che il testo non sia solo una monografia attenta, particolarmente acuta e ben scritta ma anche una guida di metodo al guardare, un’educazione allo sguardo (in piena adesione a una filmografia che sull'atto del guardare – come atto conoscitivo, relazionale, affermativo di sé nel mondo – trova un punto fondativo).
In questo senso il percorso offerto da Bocchi – intenzionato a definire, prima di ogni altra cosa, «un contatto pertinente tra l’immaginario manniano e la pluralità delle immagini odierne» – spiazzerà chi è abituato a trovare in una monografia un’indagine squisitamente tematica e narrativa di un mondo poetico, come se il regista non lavorasse anzitutto sulle e con le immagini perché cosa diversa, ontologicamente, dalla scrittura, dalla pittura, dall’espressione teatrale. Fare cinema significa esprimere qualcosa che non può in alcuna altra circostanza assumere forma che non sia quella che abita nei limiti del fotogramma. Perché «con le immagini si prendono le misure del mondo» e un lavoro critico e saggistico è con esse che deve confrontarsi, su esse deve lavorare e riflettere, sfuggendo alla trappola interpretativa del tema inteso come storia narrata.

L’attenzione all’immagine come veicolo autonomo d’espressione, e terreno in cui si gioca la definizione dei caratteri, delle ossessioni, delle idee sul mondo, è la spina dorsale di questo lavoro e il motivo per cui la sua lettura risulta così stimolante e arricchente. Tuttavia, sotto la superficie della riflessione, c’è un grande lavoro filologico e di ricerca sulle fonti che merita di essere evidenziato: Creatore di immagini è ricco di interventi, informazioni e testimonianze provenienti da interviste, VHS, libri, contenuti extra di dvd e blu-ray, booklet e documentari; le vari edizioni home video delle opere di Mann vengono impiegate e indagate in ogni modo possibile, come anche costante è l’attenzione rivolta alla ricezione critica, italiana e internazionale. Grazie a quest’approccio trova spazio la voce stessa di Mann e quella di alcuni critici internazionali che in questi vent’anni si sono concentrati sulla sua opera, ma altrettanta importanza viene data ai rapporti di lunga data con i suoi collaboratori, non solo i più evidenti capireparto ma anche gli addetti tecnici fidati, spesso determinanti per il successo di una scena. Se il cinema di Mann è umanista lo è anche per la fedeltà espressa in questi rapporti di lavoro, che proseguono nel tempo nonostante la notoria fermezza e ossessiva dedizione ai dettagli che il regista assume sul set. A riguardo è oro puro la lunga conversazione svolta con Dante Spinotti, che di Mann è stato sodale direttore della fotografia per cinque film e il cui contribuito al testo è davvero determinante (e frutto, evidentemente, di un grande lavoro di preparazione ma soprattutto relazione).

In conclusione Michael Mann, creatore di immagini è un testo che rinverdisce l’approccio monografico e ne dimostra ancora l’efficacia, purché dietro ci sia metodo, consapevolezza, ricerca. Nelle sue pagine ritornano tutti i temi forti del mondo manniano, dall’uso del dettaglio e dell’attimo in più, strappato alla prassi hollywoodiana come «esigenza sentimentale», alla ricerca costante dell’autenticità, da intendersi come «adesione emozionale al soggetto e al suo esserci»; dal ruolo che spetta all’individuo all’interno di un meccanismo deterministico di scelta alla sovrapposizione identitaria tra il sé e la professione, l’agire nel mondo; dall’importanza del sentimento allo sguardo sempre incentrato sull’umano, perché l’uomo « è ciò che di più bello e interessante c’è da approfondire».

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 14/01/2022

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