The Water Diviner

Al suo esordio da regista Russell Crowe cerca di unire umanesimo antibellico e grande avventura hollywoodiana

Non sceglie certo la strada più facile Russell Crowe, che per il suo esordio da regista si sdoppia dietro e davanti la macchina da presa per raccontare una storia difficile, a cavallo della Storia e delle grandi narrazioni di un tempo. Il suo Joshua Connor infatti è un agricoltore intenzionato a ritrovare i suoi tre figli sperduti nella Battaglia di Gallipoli, uno degli scenari più sanguinosi e terribili della Prima Guerra Mondiale. La sua meta è allora la Turchia del 1919, un paese devastato e diviso, invaso e combattuto, residuo storico da ridefinire in seguito alla caduta del grande Impero Ottomano. Membri del Corpo dell’Esercito Australiano e Neozelandese, i tre Connor risultano caduti da quattro anni, ma la fine della guerra e una promessa fatta alla moglie morente spingono Joshua alla ricerca. Del resto cercare e ritrovare tesori sepolti è quello che fa, lui è The Water Diviner, rabdomante capace di fiutare l’acqua nascosta e sepolta sotto metri di arido deserto. Perseguendo lo stesso talento, cercherà così di ritrovare i suoi figli o quel che ne rimane.

Fin dalla prima sequenza, splendida, si respira un forte senso del passato nel film di Russel Crowe, un gusto per la grande avventura hollywoodiana filtrato da uno sguardo carico di umanità. La ricerca intrapresa dal suo Joshua infatti permette al film di entrare direttamente in contatto con la parte sconfitta e “nemica” del conflitto, quei turchi ex ottomani ormai cittadini di un paese allo sbando, invaso da ogni parte. Il vero nemico qui è la guerra, realtà inevitabile la cui mortalità affligge vincitori e vinti.

Di fronte ad essa e ai suoi postumi collassa il sistema delle parti, restano soltanto padri, figli, madri. Come la bella Ayshe (Olga Kurylenko) di cui Connor si innamora, o il tenente turco Hasan (Yilmaz Erdogan) che lo aiuterà nella sua ricerca. All’interno di questo quadro tenacemente antibellico Crowe cerca di costruire una grande narrazione itinerante, capace di unire la Storia di un paese nel suo momento cruciale alla recerche paterna ma anche spirituale di un padre. Purtroppo non ci riesce, The Water Diviner accusa moltissimo lo scorrere dei minuti e l’avanzare della storia porta con sé una grave perdita di lucidità e coesione filmica. Più avanzano le sequenze e Connor prosegue per la sua ricerca più il film sembra all’opposto perdere la propria strada, vittima forse dell’inesperienza e di una sceneggiatura sicuramente non all’altezza. Tuttavia nei suoi momenti migliori l’esordio di Russel Crowe è un film che riesce a passare dalla delicatezza umanista all’ampio respiro di un cinema ormai anacronistico ma ancora in grado di assestare i suoi colpi. E non è certo cosa da poco.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 09/01/2015

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