Un altro pianeta

Un uomo viene inviato su un pianeta sconosciuto popolato da esseri extraterrestri. Appena sbarcato, si presenta al cospetto di una delegazione aliena. Come può farsi riconoscere? In che modo può dare un segno della sua diversità intergalattica? Come riuscire a contraddistinguersi? Allora, l’uomo alza la sua mano sinistra e, semplicemente, la agita in segno di saluto. E se questo nuovo pianeta non fosse molto distante dal nostro mondo o meglio, se gli appartenesse, se fosse un angolo nascosto da alcune dune, se il mondo sconosciuto fosse una spiaggia popolata da alieni naturalisti ed esibizionisti vicino a Tor Vajanica? In che modo è possibile salutare gli stranieri che popolano quel luogo sabbioso? Forse nello stesso identico modo: si alza semplicemente la mano sinistra e si salutano gli abitanti.

Salvatore è un naturalista gay, assiduo frequentatore di spiagge per nudisti, un uomo che vive nella malinconia di un abbandono, ancora incapace di affrontare la morte fisica del suo compagno; Daniela è una ragazza sieropositiva che ha paura di avere rapporti fisici con qualsiasi uomo, vuole passare una tranquilla giornata al mare in compagnia di due sue amiche, Eva e Stella; Cristiano è un ragazzo gay attratto da Salvatore, e attraverso un semplice sguardo si sono riconosciuti, e attraverso un richiamo di emozioni, che il loro passato ha riscoperto, possono piacersi.

Opera prima di Stefano Tummolini, è stata presentata nel 2008 alla 56° Mostra del Cinema di Venezia nella quale ha ricevuto giudizi positivi e non, apprezzato da chi sa riconoscere l’umanità delle storie raccontate e disprezzato (alcuni critici si sono soffermati su alcune scene di sesso omosessuale abbastanza esplicite) da chi non riesce a vedere oltre l’ambiente rappresentato. Un altro pianeta è un film girato in HD con un budget di 980 euro che si lascia vedere e si lascia ascoltare. Un iter zavattiniano, un uomo seguito in un’intera giornata su questa spiaggia, gli incontri e i ricordi, storie di vita raccontate in un modo assai veritiero – non c’è alcunché di eccessivo ed esagitato –, storie che si costruiscono attraverso i dialoghi, stati d’animo vissuti con l’ausilio del ricordo di avvenimenti che hanno costruito la vita di questi personaggi. Le lunghe e frequenti carrellate a precedere seguono gli sviluppi emotivi di corpi tesi ad andare avanti verso una meta preclusa allo spettatore, movimenti orizzontali che nascondono il futuro lasciando intravedere lo sfondo dei loro ricordi.

Sogni che non vogliono interpretazione, speranze che si colorano di eventi che lasciano il segno e che determineranno le loro scelte quotidiane. Salvatore piange al ricordo del suo ex compagno e riesce a riconoscerlo in Cristiano con la speranza di non perderlo più. Ma la sintonia affettiva non si limita al proprio desiderio sessuale, non si fa confinare all’interno di gusti sessuali, eterosessuali o omosessuali, definizioni che non devono circoscrivere un sentimento. È per questo che Salvatore, durante una lunghissima camminata dentro le dune con Daniela, scopre un desiderio che in lui sta nascendo ed un altro che lo sta abbandonando, una sintonia affettiva e un desiderio carnale che lui riconosce in quella “particolare” donna. Si confidano, scherzano e si divertono, poi scelgono di condividere anche il loro corpo, un modo per provarsi e per riconoscersi. Un corpo maschile omosessuale e un corpo femminile sieropositivo che cercano un contatto riuscendo a scostare ciò che sono stati ponendosi in una traiettoria evolutiva che può spegnersi nell’attimo stesso della sua condivisione ma anche prolungarsi all’infinito. Ecco, semplicemente questo.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 13/08/2014

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