Roma 2013 / Stalingrad 3D

Vedendo Stalingrad 3D viene spontaneo chiedersi se abbia ancora senso parlare di un’etica della visione, se questioni come la sensibilità di uno sguardo, la distanza dall’oggetto filmato, il rispetto per i materiali provenienti dalla realtà storica, possano ancora essere produttive in un cinema contemporaneo sempre più carico di segni opposti, confusi, del prevalere della sensazione epidermica e istantanea sulla riflessione e sulla lenta decantazione. Stalingrad 3D, diretto da Fedor Bondarchuk, è il racconto della resistenza dell’esercito sovietico contro l’avanzata delle truppe naziste durante il Novembre del 1942. Il pretesto narrativo è dato dal racconto che un soccorritore, durante il recente tsunami in Giappone, fa a una ragazza rimasta sotto le macerie: l’uomo le parla dei suoi “cinque padri”, cinque soldati che occuparono la casa dove si trovava la madre e che riuscirono a salvarla dai soldati tedeschi.

Il film di Bondarchuk è un encomiabile sforzo produttivo capace davvero di tenere testa, da un punto di vista esclusivamente tecnico, a qualunque medio kolossal hollywoodiano: grandi ricostruzioni in CG, riprese in slowmotion, sfoggio di comparse, sonoro impressionante. Dal punto di vista della pura confezione è un film perfetto. Il difetto principale di Stalingrad 3D è che prende però esclusivamente gli aspetti più superficiali del cinema industriale statunitense non riuscendo a replicarne quella che, nei casi eccellenti, è la sua grande forza narrativa e teorica, la sua capacità di continuare a produrre grandi storie e forti emozioni, riuscendo allo stesso tempo a essere al passo con i tempi e a risultare credibile (il massimo modello di riferimento potrebbe essere il geniale James Cameron). Eppure lo spunto della casa di Pavlov, posta a guardia del Volga e ultimo avamposto di resistenza delle armate sovietiche, era un elemento storico davvero potente filmicamente, perfetta metafora cinematografica di tutta la battaglia di Stalingrado. Stalingrad 3D offre quindi il massimo dello spettacolo e della tecnologia e lo asservisce ai più ovvi cliché narrativi: i soldati russi valorosi e sensibili, la forza dell’amore e dei sentimenti, la cieca e cretina violenza delle truppe naziste – quest’ultima appena mitigata dalla storia d’amore tra il capitano Kahn e una ragazza russa, palesemente derivata da Schindler’s List di Spielberg.

Il ricorso alle facili lacrime, all’esibizione dei grandi sentimenti e degli slanci patriottici, per di più messi in scena senza pudore alcuno ma con l’abuso di rallenty, dolly, soggettive di proiettili, ci fa davvero interrogare su che tipo di pubblico possa andare incontro a un film del genere: se veramente è possibile appassionarsi a un’operazione che, senza scomodare la vecchia polemica Rivette/Pontecorvo, trasforma la guerra in uno spettacolo kitsch e frastornante, frullando assieme sangue, lacrime, bombe e amori impossibili. Addirittura c’è una macchina da presa lanciata in rallenty dietro a un proiettile che, colpito un carrarmato, viene da questo deviato verso un palazzo: un momento di cinema talmente folle da sembrarci quasi interessante nel suo contaminare war movie e Call of Duty. In sala qualcuno rideva, divertito dagli eccessi fuori tempo massimo del film. Stalingrad 3D può sicuramente far sorridere, tanto è esageratamente ridicolo, vecchio, ridondante. Viene però da chiedersi se le grandi e indubbie professionalità che hanno confezionato il film non potevano, e non potrebbero, essere messe al servizio di un cinema differente, (non necessariamente “autoriale”), un cinema capace di sfidare l’industria hollywoodiana sul suo stesso terreno, ma giocando in contropiede, lavorando tra le oasi di libertà, giocando con i cliché, disattendendo le regole del gioco.

Può sembrare un’utopia ma all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma abbiamo visto Snowpiercer di Bong Joon-Ho. Che è esattamente questo, grandissimo blockbuster follemente personale, intimo, unico. Ci auguriamo che Stalingrad 3D riesca a trovare il suo pubblico. Per quanto ci riguarda Fedor Bondarchuk è rimandato alla prossima occasione.

Autore: Germano Boldorini
Pubblicato il 04/12/2014

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