Microbo e Gasolina

L’infanzia al cinema, l’infanzia del cinema: il ritorno lieve e dolcissimo di Michel Gondry.

Due quattordicenni emarginati costruiscono una casa su quattro ruote con cui poter fuggire da una realtà che li opprime. Il sogno artigianale di una follia meccanica prende corpo nel nuovo, lievissimo film di Michel Gondry.

Microbo e Gasolina è un racconto di formazione inserito nelle coordinate di un road-movie atipico, che deraglia, si reinventa, disattende le aspettative, muove la narrazione a proprio piacimento, con una libertà, una leggerezza che appartengono solo al miglior Gondry. Perché Microbo e Gasolina è la soggettiva di un sogno fermo in un altro tempo, cristallizzato in un altro mondo, proiettato nei lidi anarchici della nostra infanzia. Come se tutto il presente non esistesse più e questi due piccoli eroi fossero rimasti all’epoca dei Goonies: il cinema di Gondry si fa chimera trasognata e impossibile, parentesi estiva dove rifugiarsi per ritrovare la propria libertà, la propria essenza, la propria fanciullezza lontana dal grigiore borghese del reale.

Se Microbo e Gasolina abbandonano il presente, il mondo intorno a loro è quello del 2015. Tutto il film riflette questo scarto, questo senso di non appartenenza, di non-conformità nei confronti del proprio tempo. Si legge una meraviglia spielberghiana negli occhi vispi dei due ragazzi, un senso dell’avventura che li rende fuori tempo massimo. Incompresi, umiliati, respinti, disadattati all’interno di una società che non può accettarli, Microbo e Gasolina fissano l’impossibile, scivolando nella rêverie stessa della loro immaginazione. Sono freaks analogici alla ricerca disperata di un riparo dal mondo, di una grande avventura con cui potersi sentire ancora bambini. Se gli altri coetanei sono cresciuti troppo in fretta, loro hanno bisogno di salvaguardare ancora la loro infanzia, di bloccare – una volta di più – il tempo.

Come due marziani in fuga da tablet e Iphone, Microbo e Gasolina sono lontani anni luce dai nativi digitali, estranei alle coordinate virtuali del presente, ai vezzi della tecnologia, ma dediti alle capacità manuali tanto care al regista, alla fantasia spregiudicata dell’inventore che vuol costruire qualcosa di unico, qualcosa di bello (l’ossessione immaginifica di Be Kind Rewind!, il cinema come gesto manuale, l’azione come una continua re-azione).

Contro qualsiasi comodità hi-tech, contro qualsiasi addomesticamento del racconto, Microbo e Gasolina sono perenni sconfitti dal cuore d’oro: nessun happy end, nessuna vera vittoria, nemmeno la conquista del primo grande amore. Anche il sesso, spettro ossessivo che turba giorni e notti, solleticando la pubertà dei protagonisti, è il desiderio innocente di un altro sogno, di un’altra vita, di un’altra - irraggiungibile - spensieratezza. Il resto, qualsiasi cordone ombelicale, qualsiasi elemento che li inganni, li intrattenga, li riporti al mondo ordinario, dev’essere eliminato. Non a caso il cellulare di Microbo verrà sotterrato dalle sue stesse feci.

A cuore aperto, Gondry ritrova l’equilibrio perduto negli ultimi anni e firma un film che pare un dono: il suo universo fragile, tenero e incantato si rinvigorisce, traccia nuove strade e nuovi orizzonti e infine, ci riflette. Se Microbo e Gasolina sono la nostra infanzia, il loro linguaggio, le situazioni surreali in cui s’imbarcano, le gag slapstick che ammantano l’intero film, rappresentano l’infanzia del cinema. Proprio per questo nel finale, al momento della separazione, avvertiamo subito un taglio, una mancanza, un grande vuoto. Lo sa Gondry, lo sa Microbo, lo sa Gasolina e lo sappiamo tutti noi: è tempo di crescere. Eppure si può sempre costruire una casa su quattro ruote e ricominciare a vivere…

Autore: Samuele Sestieri
Pubblicato il 02/11/2015

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