Love and Mercy

Celebrazione intima e sfaccettata del genio creativo, con le sue gioie e dolori, attraverso la parabola di un'icona musicale perfettamente resa da due interpreti di grandi livello

“A volte mi spaventa pensare da dove viene, sai?”. Un ragazzo seduto al piano si confronta con il potere creativo del proprio cervello. La musica è già lì, nella sua mente, deve solo riprodurla all’esterno nella maniera più fedele possibile; ma può capitare anche che quella stessa melodia gli esploda nel cranio terrorizzandolo. La vicenda di Brian Wilson, cantante e compositore dei Beach Boys, si dipana lungo il percorso noto dell’artista pazzo, un’immagine stereotipata che nel suo caso si rivelò drammaticamente esatta. Al culmine della vicenda artistica del gruppo, con l’uscita dell’album cult Pet Sounds e del singolo Good Vibrations, Wilson si imbarcava in quello che doveva essere il suo progetto più ambizioso, Smile, finendo però per collassare mentalmente sotto il peso del delirio allucinatorio, senza la lucidità necessaria a mantenere il controllo sul resto della band già scettica rispetto all’idea di allontanarsi dall’immaginario americano di surf, spiaggia e ragazze in bikini grazie al quale i Beach Boys avevano fatto successo negli primi anni Sessanta. Distrutto dalla cancellazione del progetto originario , Brian Wilson cadde in un letargo lungo anni fatti di abbuffate, comportamenti stravaganti e una sostanziale apatia, finché Eugene Tandy, uno psichiatra chiamato dai famigliari in apprensione, riuscì a riportarlo a uno stile di vita più sano in cambio però di un rapporto sempre più dipendente e coercitivo.

Da qui parte Love and Mercy: dal Brian Wilson di Pet Sounds e dal Wilson in cura da Tandy, il primo desideroso di registrare l’album più incredibile di sempre e il secondo apparentemente più calmo ma schiavo di farmaci e schemi comportamentali imposti dal proprio dottore. Due gli attori chiamati a interpretare l’artista negli anni Sessanta e negli anni Novanta, Paul Dano così aderente al ruolo da dar l’impressione di vedere sullo schermo il vero Wilson e un John Cusack bravissimo a rappresentare tramite la fissità e l’immobilismo di corpo e viso lo spaesamento di un uomo ormai convinto di dover rinunciare alla vita perché sbagliato. Il legame tra le due interpretazioni sta nella profonda malinconia del personaggio, il classico talento incompreso – nel film tocca al cantante dei Beach Boys Mike Love fare la parte del comprimario mediocre che non sa riconoscere il genio del collega – alla ricerca di un’approvazione paterna mancata sia dal suo vero padre, che oltre a riempirlo da bambino di botte fino a renderlo sordo da un orecchio non gratificava il figlio di alcun riconoscimento della sua bravura, sia da Tandy (Paul Giamatti), che gli fa credere che solo il suo dominio assoluto sul musicista possa salvare questo da una malattia mentale che altrimenti lo distruggerebbe.

Filo conduttore cinematografico è infatti questa esuberanza mentale, che di volta in volta diviene ispirazione artistica e paranoia isterica, e i modi in cui Wilson le espresse entrambe. I momenti davvero gustosi del film sono quelli incentrati sulla registrazione in studio di Pet Sounds e Good Vibrations: Brian Wilson sembrava già avere tutto in testa, toccava solo tradurre l’istinto in musica, talvolta con una ricerca ossessiva – e molto faticosa per il resto del gruppo - di una riproduzione fedele delle proprie intuizioni, altre tramite la sperimentazione di accostamenti musicali inconsueti per ricreare quel suono che nessuno strumento convenzionale pareva saper fare. Pet Sounds è figlio di questa concezione rivoluzionaria della registrazione che aprirà la strada ai più grandi rivali di Wilson, i Beatles, il cui Sgt. Pepper molto deve a quest’album che sorprese e inspirò Paul Mccartney.

Allo stesso tempo dalla testa di Brian uscivano però suoni devastanti che lo destabilizzavano, finché solo la cura di Tandy sembrò far effetto, pur a costo di ogni libertà: la storia d’amore con Melinda Ledbetter (Elizabeth Banks), col quale si sposerà nel 1996, è il motore che smuove il musicista ora annichilito al silenzio dai farmaci, facendo pace con la propria musica interiore grazie a cure più appropriate e alla riconciliazione coi famigliari seguita alla rottura intima e legale con lo psichiatra.

Love and Mercy è un tributo commosso, e inaspettatamente dolce, alle luci e alle ombre del genio artistico, qui inteso come ispirazione quasi sovrannaturale ove il vero talento sta allora nel saperla esprimere adeguatamente al mondo: l’amore di Melinda arriva a salvare un Brian Wilson quasi morto spiritualmente, e a restaurare un’idea di creatività che se molto fa soffrire, molto altro sa dare, e non solo a noi fortunati che stiamo qui ad ascoltare.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 27/03/2016

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