Lecce 2015 / ''Io e la Turchia abbiamo divorziato al momento'' - Incontro con Fatih Akin

L'incontro con il pubblico di Fatih Akin, che assieme a Bertrand Tavernier è il ''protagonista del cinema europeo'' di quest'edizione del Festival di Lecce

Dei registi italiani contemporanei ama Matteo Garrone («ma in Germania – racconta in conferenza stampa – è difficile trovare i suoi film al cinema») e Paolo Sorrentino: «Un gran film è This Must Be the Place: in qualche modo il suo cinema lo sento vicino al mio».

Dopo il giorno di Tavernier, il mercoledì del Festival del Cinema Europeo di Lecce è nel segno di Fatih Akin, l’altro Protagonista del cinema europeo di questa edizione, con assegnazione dell’Ulivo d’oro alla carriera in serata e a precedere la proiezione di Il padre all’interno dell’incontro col pubblico e con Massimo Causo, curatore della rassegna dedicata al regista (in programma, lungo tutto il festival, Short Shap Shock, In July, Solino, La sposa turca, Crossing the Bridge, Ai confini del Paradiso, Soul Kitchen e Polluting Paradise). E, nell’incontro con la stampa, è soprattutto intorno a Il padre che le domande dei giornalisti (e relative risposte del regista) girano, in particolare alla luce di quanto è successo negli ultimi giorni: «La reazione del governo turco contro le parole del papa – afferma Akin – è stata aggressiva, del resto fu un turco a sparare a Giovanni Paolo II… Inoltre ci sono le elezioni e non è casuale questa reazione. È politica. E io dei politici non mi fido, ma la verità è che non mi risulta che ci siano molti paesi che abbiano realmente ammesso i propri genocidi: penso, ad esempio, all’America e a quello che è successo con gli indigeni e la schiavitù. Sono tanti gli olocausti nel tempo e nello spazio della storia, ma bisogna capire di cosa si sta parlando, altrimenti sono solo vuote parole. In Turchia la reazione rispetto al film è stata molto buona solo da una certa parte di società come artisti e intellettuali, quasi una sorta di “miracolo” per loro. In realtà ci sono un “prima” e un “dopo” Il padre nel mio rapporto con la Turchia: Eravamo sposati, adesso abbiamo divorziato. E anche questo è un taglio (dice “Cut”, giocando ovviamente col titolo originale del film, The Cut appunto.Ndr)».

C’è poi chi gli chiede, a lui, tedesco nato in Germania da famiglia turca, di immigrazione come discorso imprescindibile del nostro tempo, e Akin risponde: «L’immigrazione è la sfida contemporanea, ma se l’Occidente decidesse di vendere formazione e istruzione, anziché armi, ai paesi più poveri e disperati, le cose migliorerebbero».

Si torna poi al cinema degli altri, vengono fuori i nomi di Costa-Gavras e Fassbinder: «Costa-Gavras mi piace molto per la sua capacità di combinare discorso politico e narrazione cinematografica; Fassbinder è più lontano da me, ma ci sono due film suoi che amo molto e sono La paura mangia l’anima e Il matrimonio di Maria Braun». Nel suo cinema futuro, invece, «un film per bambini, la sceneggiatura c’è già, si chiamerà Il fantasma del terzo piano. Poi i bambini anche come spettatori sono più concreti degli adulti, i film li amano o li odiano». E il progetto su Yilmaz Güney annunciato molti anni fa? «La sceneggiatura c’è ed è buona. Ma, come ho già detto, io e la Turchia abbiamo divorziato al momento, dunque occorrerà prima riavvicinarci».

Nei prossimi giorni, gli appuntamenti saranno con I protagonisti del cinema italiano: quest’anno Milena Vukotic e Paola Cortellesi, che nella serata conclusiva del festival incontrerà il pubblico, rispondendo alle domande di Carlo Verdone.

Autore: Leonardo Gregorio
Pubblicato il 16/04/2015

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