Miljeong (The Age of Shadows)

Il nuovo elegantissimo film di Kim Jee-woon segna la definitiva maturità di uno degli autori più interessanti del cinema sudcoreano.

Senza nessun preavviso ci troviamo catapultati nella Corea di fine anni ’20, sotto l’occupazione dei giapponesi. C’è la Fratellanza dei Giusti, cellula di resistenza coreana, c’è la polizia giapponese, ci sono spie e traditori, doppiogiochisti e una donna cinese bellissima. Kim Jee-woon ci trasporta in questo mondo a noi semisconosciuto, in questa bolla di Storia ricostruita con cura e minuzia impeccabili. Eppure in queste scenografie d’antan, tra le luci scintillanti di un noir coloratissimo, Miljong (The Age of Shadows) non è mai imbalsamato, ma è un’opera vibrante, imperativamente al presente. Siamo noi a doverci orientare nella storia del film e nella Storia della Corea, a dover trovare un posto tra le immagini, un punto di vista, un baricentro impossibile.

Tutta la prima parte di Miljeong (The Age of Shadows) è disorientante, in-costruzione, volta a circondarci all’interno dell’assetto storico in cui il film è ambientato. Percepiamo il tempo, la durata, perfino la verbosità dei dialoghi, siamo continuamente costellati di volti, parole e situazioni. L’effetto è straniante, sembra quasi l’ultimo film di Ann Hui. Poi, man mano che il film avanza, ci scopriamo dissolti nei suoi tempi, ci sembra di aver sempre vissuto lì, tra quei personaggi, in quella bolla di Storia e di mondo. Riconosciamo volti, fazioni e narrazioni. Il cinema, dall’action-movie al poliziesco, passando per il film storico, deviando per il noir, è la nostra arma, il nostro comune senso di déjà vu. Perché dopo la prima ora, all’improvviso, Miljeong, film sontuoso e inevitabilmente lento nel suo dar tempo alla Storia, esplode. A partire dalla straordinaria sequenza in treno, c’è un’improvvisa, roboante deflagrazione, un’impennata che avvolge letteralmente film e personaggi. Da quel momento lo sfarzo di una produzione così sontuosa detona in mille pezzi, come fossero schegge impazzite di un’action-movie di un De Palma coreano, meno teorico, più devoto agli impegni della narrazione.

Quello che interessa a Kim, che rimane il più elegante regista della cosiddetta new wave coreana, è la velocità dei corpi, l’effetto calamita degli spazi angusti in cui sono inseriti, l’attrazione infinita per il cut da macello. Il montaggio è la splendida danza coreografica del film: che siano totali dall’alto d’inesauribile seduzione visiva o piani ravvicinati, tremolanti, come quelli di un corpo che muore, la rappresentazione della violenza ha sempre un che di eversivo. Basti pensare alla clamorosa sequenza nella stazione, un vero e proprio gioco al massacro dove riemergono le pulsioni visive più frenetiche dell’action-movie, o ancora di più la sequenza esplosiva verso il finale: a saltare in aria è il potere che, sulle note liberatorie del Bolero, può scoppiare in un giro di danza (viene alla mente, subito, l’esplosiva estasi tutta cinematografica di Inglorius Basterds). Cinematico, ma non come Johnnie To o Wong Kar-wai che dimenticano il peso dei corpi: in Kim c’è gravità, volume, e caduta. I suoi corpi sono concreti, mai astratti. Inoltre, cosa non ovvia, Kim non dimentica i propri personaggi. Il suo cinema, che in passato ha rischiato di essere uno sterile, erotico esercizio di stile (A Bittersweet Life) ha però dimostrato di sentire il dolore sulla sua pelle (I Saw the Devil) e qui si apre finalmente ai suoi personaggi che non sono solo mera carne da macello, ma identità dolenti e contraddittorie, uomini anzitutto. Come Lee Jung-chool, ufficiale coreano della polizia giapponese, che non sarà mai giapponese ma sempre coreano. Identità ambigua, perseguitata dalla colpa e dal sospetto, antieroe d’altri tempi che non dimentica un fratello. E’ proprio nel suo sguardo, nelle sue lacrime, nel suo destino, che Kim riscopre tutta l’eleganza, tutta la bellezza delle sue figure. A quel punto poco importano i minuti di troppo e qualche eccessiva deviazione, il film è vivo.

Autore: Samuele Sestieri
Pubblicato il 01/09/2016

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