Gantz: O

Tra animazione e videogioco il nuovo adattamento del manga di Hiroya Oku sfodera una CGI superlativa e la piega alla pura dinamica dell'azione.

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Videogioco e animazione collidono violentemente dentro l’ipertrofico Gantz: O, ennesimo adattamento del celebre manga di Hiroya Oku. Dopo una serie anime in due stagioni e due film live-action il racconto prende questa volta le vesti della CGI, texture digitali di sorprendente qualità e impatto per un film che schiva quasi ogni digressione per inseguire la pura forza videoludica dell’azione.

Al centro della vicenda troviamo il 17enne giapponese Kato, presto ucciso da un pazzo in metropolitana. Il ragazzo però si sveglierà dall’aggressione in un luogo estraneo, una stanza sigillata nella quale sarà costretto a prendere ordini da una sfera metafisica di nome Gantz. Il compito di Kato sarà quello di unirsi assieme ad altre persone salvate dalla morte per combattere orde di feroci alieni all’assalto della città.

Finisce qui il contesto del film diretto da Keiichi Sato e Yasushi Kawamura, un plot semplicissimo che adatta il primo arco narrativo del manga e lo comprime in una lunga notte di evidente matrice videoludica.

Di fatto Gantz: O procede come uno sparatutto a ondate, in cui squadre sempre più aggressive di nuovi nemici si accentrano nelle mappe di gioco, in particolare alcuni quartieri della città di Osaka. Con tanto di punteggi, armi sempre più potenti, armature e boss di fine livello, il film corre spedito sulle sue splendide animazioni digitali nel riportare scontri di portata sempre maggiore, fino ad un titanico confronto che pare uscito direttamente da Pacific Rim. Lasciati a terra invece i possibili riferimenti alla dimensione metafisica accennata dal film, che sfiora con poche immagini l’esistenza di un mondo altro, solo tangenzialmente collidente al nostro, senza però preoccuparsi di approfondire o dispiegare tale possibilità. In compenso Gantz: O si sofferma troppo a lungo su digressioni sentimentali davvero evitabili, strascichi della struttura di partenza di cui l’adattamento non riesce purtroppo a fare a meno. Vengono così approfondite dinamiche ed emozioni che sarebbe stato bello vedere lasciate ai minimi termini, a favore piuttosto di una totale fede nell’azione.

Chissà cosa avrebbe realizzato Miike da una materia simile, certo le decine di nemici incarnati da mostri tradizionali giapponesi avrebbero stuzzicato non poco la sua creatività. Gantz: O invece si accontenta di meno, regalando comunque 90 minuti di azione in ottima animazione digitale all’insegna di un intrattenimento chiassoso sempre più vicino al videogame cinematografico.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 09/09/2016

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