...De nos amours (Pas de deux)

[…] Beauty is bought by judgement of the eye […]

William Shakespeare, Love’s lost

Beauty is in the eye of the beholder

Margaret Wolfe Hungerford, Molly Brawn

Con il libro I gattopardi e le iene: splendori (pochi) miserie (tante) del cinema italiano oggi, uscito l’anno scorso e pubblicato dalla Falsopiano, lo storico e critico Claver Salizzato con un affilato stiletto ha dato fendenti a destra e manca all’attuale stato comatoso del cinema italiano, reo di essere divenuto incolore e scadente. In poche parole, secondo Salizzato, il cinema italiano sembra ormai votato a costruirsi verso storie composte da “due camere e cucina”. Il suo corrivo libro sembra quasi evocare quella frustata scritta dall’allora compagno Goffredo Fofi e pubblicata nel 1971: Il cinema italiano: servi e padroni. Anche questo piccolo libello si scagliava contro l’allora cinema nostrano, dando sonore sberle persino ai grandi autori che avevano reso grande il cinema italiano.

Su questo solco critico sembra inserirsi … De nos amours (Pas de deux), diretto da Salizzato un anno prima della pubblicazione del suo libro. Prodotto a bassissimo costo, e’ stato girato con due fotocamere ad alta definizione, per la precisione le Canon D5 e D7, che consentono immagini video nitide e professionali. Opera veramente indipendente, che con il suo low-budget si e’ smarcata dal cappio delle usuali produzioni e distribuzioni italiane che ormai danno spazio soltanto a prodotti di facile consumo oppure a film autoriali alla moda. In bilico tra Une Liasion pornographique Frédéric Fonteyn (la trama) e Un amore di Gianluca Maria Tavarelli (lo stile frazionato), Pas de deux parte dalla formula Boy meet girl (tema base delle storie cinematografiche piu’ semplici) per raccontare una storia di passione tra due personaggi, anzi, tra due tropi (un uomo ed una donna) che rappresentano quelle infinite figure di amanti sconosciuti che hanno scandito la lunga storia del cinema. Queste due figure non hanno un nome, ma sono semplicemente un Lui ed una Lei. E come recita il titolo tra parentesi, traslazione dello spagnolo Paso doble, questa casuale storia d’amore è un ballo a due, e come la nota danza ispanica, rappresenta una storia di corteggiamento, di sfida, di sottomissione ed attacco.

Dopo un prologo in bianco e nero limpido, che rimanda al cinema (spudoratamente) classico, la storia è scandita da sei cartelli, come nel cinema muto, che danno origine ad altrettanti episodi di questa casuale relazione. Si passa dal torrido amplesso consumato dopo il primo incontro, fino all’addio, passando per riflessioni filosofiche sulla vita (di coppia) e sulla gioia/dolore di ripartire la relazione a due con un figlio in arrivo. Per rendere più intensi questi sei passaggi, Salizzato assieme al direttore della fotografia Giuseppe Pinori hanno deciso di dare ad ogni segmento un determinato cromatismo fotografico: il rosso per rappresentare il torrido primo incontro sessuale; il verde per significare la speranza di una nuova relazione; il blu per rappresentare il gelido addio, ecc. L’epilogo, invece, è una ripresa del prologo, dove i due sconosciuti ripetono le stesse frasi, come se tutta la storia fosse stata semplicemente un sogno. Pieno di riferimenti artistici, che spaziano dalla pittura (L’origine du monde e L’Atelier di Gustave Courbet; Il bacio di Francesco Hayez; alcune opere di Utamaro), alla letteratura (Romeo e Giulietta di William Shakespeare), passando per il cinema (Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci; Ecco l’impero dei sensi di Nagisa Oshima), Pas de deux vuole anche essere un compendio artistico e riempire la pellicola (seppur girato in digitale) di elementi e rimandi culturali. Fattori che il cinema (italiano) odierno ha dimenticato.

Recitato da due attori teatrali ed ambientato in ambienti spogli, con solo pochi elementi simbolici d’arredamento, la pellicola non arretra davanti a nulla, perché vuole essere sincera e mostrare anche le scene di sesso senza simulazione. Pas de deux è difficile da giudicare, e le due citazioni iniziali, che vengono anche parafrasate dal Lui in un intimistico close-up, spiegano bene come giudicare l’opera, che sia filmica oppure di altro tipo. Il giudizio finale risiede nell’occhio del critico (e dello spettatore). Il fruitore di turno potrà recepire tale opera o come un raffinato oggetto artistico, con tutti i rimandi culturali al posto giusto; oppure accoglierla come una semplice opera velleitaria, con rimandi culturali infilati a forza e dove l’autore ha voluto semplicemente mettere in mostra le sue conoscenze.

Autore: Roberto Baldassarre
Pubblicato il 19/08/2014

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