Flapping in the Middle of NOwhere
Una delle scoperte del festival, un film affascinante e inquietante, sempre sul filo di un equilibrio davvero encomiabile

Hanoi, Vietnam. Huyen scopre di essere incinta. Il suo ragazzo, assente e distratto, è occupato dai combattimenti clandestini tra galli e l’unico che le sta accanto in un momento così difficile è un suo amico travestito. Decisa ad abortire, Huyen inizia a prostituirsi per trovare i soldi necessari a pagarsi l’operazione fino a quando non incontra un uomo, irresistibilmente attratto dallo stato della ragazza, dalla sua gravidanza, dalla curva della sua pancia, dalle ecografie del neonato. Flapping in the Middle of Nowhere, della trentaduenne Hoang Diep Nguyen, è una delle scoperte di Venezia 2014. Totalmente privo della rabbia, della voglia di mostrare a tutti i costi al mondo le proprie condizioni sociali (modalità queste che smorzano spesso il potenziale filmico di tanto cinema lontano dalle logiche dal dominio dell’immaginario occidentale) la regista vietnamita trova un equilibrio ipnotico tra la descrizione brutale di un mondo disperato e le lusinghe di un regno forse solo sfiorato con la fantasia (gli incontri notturni tra la protagonista e il cliente misterioso), tra lo spaccato sociale e la messa in scena del desiderio. Al centro l’idea del corpo come di un elemento sfuggente e impazzito, impossibile da ingabbiare in schemi e preconcetti, declinato in tre diverse modalità: da una parte il corpo di Huyen come quello di una donna incapace di comprendere, prima ancora che di accettare, la propria maternità e di fatto la propria femminilità (la ragazza si guarda i capezzoli e non si spiega come mai stiano diventando più scuri); dall’altra la figura del cliente incontrato da Huyen, li cui feticismo per le donne incinte, una perversione secondo il pensare comune, sarà il motore che spingerà Huyen a ripensare al suo desiderio di aborto. A fare da legame, come a voler esplicitare questa felice confusione di identità e generi, l’amico travestito della protagonista che non a caso mette in contatto i due. La forza di Hoang Diep Nguyen risiede nella misura davvero rara con la quale è riuscita a gestire un film che sembra sempre sul punto di contraddirsi, come se ogni personaggio, situazione, immagine, fosse un tentativo di mettere in discussione le certezze messe in scena sino a quel momento. Le oscillazioni dello stile, che vanno dall’immediatezza documentaria all’astrazione pura, divengono il preciso contraltare delle fantasie e dei desideri dei tre protagonisti, come se la messa in scena di esistenze di povertà e solitudine (il film è anche, non dimentichiamolo, un preciso spaccato sociale sulla vita in Vietnam) potessero essere in qualche modo riscattare dai propri fantasmi, dalla concretizzazione dei propri desideri (per lei un uomo capace di amarla e proteggerla, per lui la struggente finzione di poter possedere in eterno una donna incinta). Flapping in the Middle of Nowhere è un’opera di sottile intelligenza che individua nell’instabilità e nel disequilibrio la figura cardine per raccontare di un mondo, non solo quello del Vietnam contemporaneo, privo di certezze, causalità, logica. Un mondo che la regista ci restituisce come un oggetto proteiforme che dal degrado iniziale può diventare, sorprendentemente, un abisso di pericolosa seduzione nel quale far sprofondare lo spettatore. Davvero una bella sorpresa.