True Detective 2x07 - Black Maps and Motel Rooms

Dagli affetti messi in salvo in stanze di motel alla geografia degli interessi personali tracciate sulle oscure mappe di una Los Angeles sotterranea.

«In tutto ciò c’era una minaccia ed un cattivo presagio, un’allusione malefica, un segno del destino.»

Ambrose Bierce - Un cittadino di Carcosa

In una notte illuminata da una luna gotica, detentrice di oscuri presagi, in una villa dove l’eros ha ceduto al thanatos, dove i traumi si manifestano in immagini così dense di realismo da apparire più vere che mai, solo in sperduti motel periferici si riesce a placare l’orrore della libidine serale e del sangue versato. Conscio che i detrattori della seconda stagione avranno parole negative da spendere soprattutto su questa puntata, proverò a sciogliere i nodi di un intreccio complicato ma pienamente soddisfacente. La narrazione dilatata in un tempo sospeso, l’intreccio aggrovigliato da linee narrative simili ai svincoli delle highways che dall’alto ci vengono continuamente riproposti, quell’oscuro magma di pece, catrame e bitume inizia a fuoriuscire dagli orifizi della città ed a disegnare il vero volto della sua celata mostruosità. Dalle pustole del peccato sul corpo di Los Angeles e della vicina Vinci iniziano ad affiorare i maleodoranti e corrosivi moventi che hanno dato inizio a tutto. Nei sotterranei che si snodano sotto la città, sconosciuti e bui, che necessitano di speciali mappe per essere conosciuti - o quantomeno per uscirne vivi - riecheggia la geografia della verità.

Black Maps...

In attesa dell’ultima stazione, di quell’Omega Station che chiarirà definitivamente il tutto, portando in superficie i dubbi sepolti, dirigendoci verso una resa dei conti che fa ben sperare se scritta su una lista della spesa di armi da fuoco; in quel preciso momento la conoscenza raggiungerà il suo zenit e le ombre non avranno più terreno sul quale posarsi. In questa geografia sotterranea partiamo dal primo grande svincolo: la piovra russa inizia a prendersi la città degli angeli. Osip Agranov e Jacob McCandless (Catalast Group) hanno estromesso dal gioco della conquista Ben Caspere e Frank Semyon – il primo per godere della possibilità di compravendita delle azioni e terreni a lui assegnati per il progetto ferroviario ad un prezzo a ribasso, il secondo per estrometterlo dal gioco di conquista e rilegarlo a ultimo e semplice gestore di night club, rubandogli i soldi investiti. Ma saranno stati veramente loro ad uccidere Caspere? Chi è la figura con il copricapo da corvo che possiede l’hard disk con i segreti delle feste private, pronta a ricattare i potenti della costa Ovest? Chi ha ucciso la Davis e cerca di incastrare Velcoro? A questo punto, dopo il primo svincolo arriviamo alla prima importante stazione sotterranea dove risiedono i diamanti blu e la corruzione della polizia. Veniamo a conoscenza che la rapina del 1992, facilitata dai disordini e nella quale sono morti i proprietari della gioielleria, lasciando orfani due bambini, Laura e Leonard, è avvenuta nel distretto in cui lavoravano Burris e Dixon ai comandi di Holloway, stesso distretto in cui lavorava anche Caspere. Ledo Amarilla, arrestato ed interrogato da Burris nel 2006, viene successivamente rilasciato e non vi è traccia dell’interrogatorio. L’assalto al laboratorio di metanfetamina è stata una trappola solo per i tre detective o anche per Amarilla? Doveva morire? Se si, perché? La terza stazione ci riporta alla corruzione che s’insinua nella dinastia politica di Vinci. Dal breve colloquio tra Chessani e Semyon, sospettiamo che il figlio Tony Chessani, d’accordo con Osip Agranov, voglia sostituire il padre come sindaco di Vinci. Tony infatti è dietro l’estromissione di Semyon nell’affare dei terreni. Le azioni che erano di Caspere e Semyon sono ora di proprietà della società di cui è intestatario. La ragazza uccisa nel capanno è Tasha, la preferita di Caspere, che voleva ricattare i potenti con le fotografie compromettenti realizzate durante i festini. Una volta scoperta è proprio Tony Chessani a torturarla ed ucciderla nel capanno nel bosco a nord dello Stato. Semyon, venuto a conoscenza del piano ordito alle sue spalle grazie a Velcoro, convoca Blake e lo affronta. Costretto a parlare Blake ammette di aver ucciso Stan che pedinandolo aveva scoperto il suo coinvolgimento con Agranov. Confessa inoltre di aver puntato il dito contro il tossico accusandolo di essere il violentatore della moglie di Velcoro quando in realtà ne ha approfittato per liberarsene essendo da lui minacciato. Nell’atlante sotterraneo le mappe indicano Erika – la segretaria di Caspere che abbiamo incontrato sul set cinematografico – come Laura, la bambina resa orfana dalla rapina. Ed ora passiamo alla seconda parte, nelle stanze di motel dove si nascondono le debolezze dei personaggi.

Immagine rimossa.

...and Motel Rooms

A partire dal Molera Motel, luogo di ritrovo dopo la fuga dalla villa, le stanze dei motel che cesellano l’intera puntata sono ritrovi in cui custodire le proprie debolezze ed i propri affetti. Luoghi di stazionamento dove nascondere le persone che rischiano di pagare il prezzo dell’indagine e delle verità che, al di fuori delle loro stanze, si rivelano alla luce notturna della luna. In una notte senza neon, la città degli angeli vive nei suoi sotterranei, la perenne oscurità avvolge Woodrugh e i suoi segreti inconfessabili, e mentre i lampi di pistole esplodono colpi abbaglianti in stazioni di metro abbandonate, l’amore delicato, inconfessabile, fisico è fonte si salvezza per i corpi stretti da un carnale abbraccio. Come a volerci ricordare che nella città del segreto e della collusione, averli spesso uccide, la passione vissuta nei letti scomodi di un motel può salvare la vita di chi è pronto a provarla. E se la tristezza nata dalla visione di un film come Splendore nell’erba di Elia Kazan non riesce ad assopire i funesti presentimenti di morte che vengono restituiti in fasci di luce dal televisore di una stanza di motel sul volto di Emily incinta, forse ci riuscirà la poesia di Wordsworth in questi versi: «della sorte funesta non ci dorremo, ma ancor più saldi in petto godrem di quel che resta», e quel che resta, in questo caso, è un bambino che nascerà senza un padre, ucciso dalla mano della corruzione.

A differenza della prima stagione True Detective 2 si snoda in caratterizzazioni che sono allo stesso tempo personaggi e luoghi, in una geografia dei corpi che appartiene alla toponomastica degli animi in gioco. Dove tutto è fottuto o da fottere (Everything is fucking) la metafisica non appartiene più alla trascendenza, il Re in Giallo non è più il solo mostro da combattere, Carcosa è una città malata come malati sono i personaggi che la vivono e che la compongono, quartiere dopo quartiere, organo dopo organo, ed in attesa di giungere ad Omega Station non ci rimane che citare la tagline della seconda stagione: «Abbiamo il mondo che ci meritiamo». Chissà se questa frase è passata nella mente di Frank, mentre dall’alto di un palazzo osserva il suo impero bruciare.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 04/08/2015

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