The Knick 2x04 - Wonderful Surprises

Non più il teatro della carne ma l'intera società del tempo, The Knick fa sua la migliore coralità televisiva per narrare l'insorgere del Novecento a partire dal contagio e dalla dipendenza.

Cantieri aperti, operai a lavoro, la prima zappata di terra fotografata per i giornali e le mazzette e le creste e gli accordi sotterranei che diventano le vere fondamenta del progetto, epitome del nuovo secolo appena iniziato. Ma il Novecento non si costruisce certo in un giorno, ed ecco così che mentre il Knickerbocker Hospital si prepara lentamente a cambiare sede, la vecchia incarnazione deve in qualche modo cercare di conservare al suo interno i percorsi dei propri personaggi, mai come in questa Wonderful Surprises dispersi in un’esplosione radiante che sì mantiene al centro l’ospedale ma il cui raggio d’azione si espande sempre di più.

Come diagnosticato da Attilio Palmieri nella sua analisi della première Ten Knocks, la seconda stagione di The Knick disegna rispetto al passato una geografia narrativa radicalmente nuova, nella quale il racconto aumenta la propria coralità introducendo nuovi personaggi e approfondendo molti dei vecchi. Algernon, Bertie, Gallinger, la coppia formata da Harriet e Tom Cleary, tutti loro conquistano una forte autonomia e proseguono lungo strade che pur originatesi dall’ospedale si allungano in diversi ambienti della città, dalla nuova Harlem ai salotti dell’alta borghesia newyorchese, dalla prigione ai locali intellettuali in cui iniziano a proliferare come batteri idee di eugenetica e pulizia razziale di terrificante e totalitaria portata. Ma del resto tutta questa seconda stagione appare come un bubbone infetto ancora sottopelle ma pronto ad emergere ed esplodere. Come l’ascesso purulento del primo episodio, l’infezione bubbonica si diffonde fuori campo e promette di diventare uno dei temi portanti dell’arco narrativo, punto d’incontro di tensioni razziali e crisi epidemica. Soderbergh si starà sfregando le mani, il contagion è in arrivo.

Nel frattempo a dominare ancora gli ambienti dell’ospedale è ancora il suo più celebre mattatore, John Thackery, impegnato nel tentativo di indagare scientificamente la dipendenza, maledizione da attaccare come una malattia e non una degenerazione morale. Una ricerca disperata e in anticipo sui tempi che lo tiene lontano dal teatro chirurgico e immerso piuttosto nel dietro le quinte dello spettacolo di carne, quell’obitorio dove come un dottor Frankenstein seziona ed esplora cadaveri in cerca della sua salvezza. Se a questo aggiungiamo il vampirismo della sua condizione tossica, infezione che nel corso della prima stagione ha cercato di trasmettere a Bertie ed ha condiviso con Lucy Elkins, il suo statuto gotico emerge ormai con un’evidenza ottocentesca che ne fa perfetto personaggio a cavallo tra i due secoli. Ma in fondo è dell’avvento del Novecento che parla The Knick, che trova nel progresso medico e nell’ospedale la perfetta creatura scenica da studiare come incubatore di scienze, arti e orrori del nuovo mondo.

In questo senso Wonderful Surprises si rivela una puntata paradigmatica per testare le capacità e il coraggio di Jack Amiel e Michael Begler, che dopo essersi trovati tra le mani la macchina perfetta di Steven Soderbergh decidono di non adagiarsi su nulla di già visto.

Piuttosto che continuare a scavare nel confine tra piccolo e grande schermo emerso attorno al teatro chirurgico (motore di spunti e rappresentazioni incrociate che potrebbe alimentare da solo lo show per tempo a venire), The Knick decide di abbracciare la migliore coralità del racconto televisivo con un’intelligenza e consapevolezza tali da poter toccare molti dei grandi temi del Novecento senza alcun didascalismo, perché sempre attraverso il naturale decorrere dei personaggi: il tumore, la dipendenza, la segregazione razziale, la disparità tra i sessi, l’insorgere della tecnica e del cinema, la nascita delle grandi metropoli e ovviamente della medicina moderna, è una gamma tematica da far tremare i polsi quella toccata da The Knick. E al centro di tutto la dicotomia formata dall’ospedale e dal contagio, dalla dipendenza e dall’ossessione per la cura, dall’iniettare la malaria e cuocere quasi una persona al guarirla dalla sifilide. Ancora una volta sfiorare e ingannare la morte, ma soprattutto cercare il perdono per i propri errori, affinché il fantasma di una bambina uccisa sull’altare della paranoia e dell’orgoglio possa sostituirsi a quello della donna amata e salvata. Sempre stato storia di fantasmi, The Knick concede a Thack quella che sembra una vittoria, ma le acque su cui naviga la barca che vediamo sono pur sempre quelle prodotte dalla mente.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 13/11/2015

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