Sponde - Nel sicuro sole del Nord

Tra Lampedusa e la Tunisia: la solitudine di due uomini che abitano su due sponde opposte, consacrati entrambi a raccogliere i resti delle speranze di fuga verso un orizzonte migliore.

Un rapporto epistolare che lega due uomini e due solitudini al cospetto della Storia, nello scenario della tragedia del mare tra le coste di Lampedusa e della Tunisia. Vincenzo Lombardo e Mohsen Lidhabi, questi sono i loro nomi. Il primo ex becchino in pensione, il secondo postino e scultore, queste sono le loro professioni. Il filo che li accomuna si tende tra una lettere ed un’altra, un ponte che supera il mare travalicando un confine di speranza, tra un mittente ed un destinatario e viceversa, sono uomini, prima di tutto, in grado di stendere un legame epistolare, oltre l’oscenità degli accadimenti storici, nel loro confronto per non sentirsi soli a vivere una reazione umana e solidale alla tragedia. Perlopiù esclusi dalle loro rispettive comunità accolgono i relitti che sulle coste vengono spinti dalla forza motrice delle onde, a volte, quando fortunati, oggetti con un’anima, contenenti i ricordi delle persone a cui sono appartenuti, altre volte, nella sventura che li unisce, corpi da seppellire per riconsegnare a questi la dignità di una sepoltura. Milioni di storie contenute in bottiglie aperte, storie evaporate dai colli di bottiglia, storie umide e bagnate in vestiti, in scarpe, raccolti nella sacrale speranza di non trovare, sulla spiaggia, il corpo del proprio legittimo proprietario. Sponde. Nel sicuro sole del Nord, documentario della regista Irene Dionisio, è un punto di vista unico che, almeno inizialmente, si confronta con la risonanza mediatica che su Lampedusa o sulle spiagge di Zarzis ogni estate si genera, un interesse internazionale che segue le tragedie cicliche basandosi sui numeri delle vittime, sulla quantità del dolore che crea la notizia. Nonostante il suo sguardo si generi all’interno dello stesso argomento da prima pagina, il suo punto di vista se ne discosta, apparendo puro, depurato dalla strumentalizzazione cronachistica, dall’eco televisiva ed informativa, dal contenuto ideale, riuscendo ad essere nel vero, cioè tra le emozioni che genera o che dovrebbe, con chiunque, riuscire a condividere. E’ interessante notare come la Storia non riesce ad includere nella sua macrostruttura sul contemporaneo il microcosmo di umanità – spesso recuperato a posteriori tra la storicizzazione del fenomeno oppure a volte definitivamente perduto - che reagisce alla sventura, che compone con i lori piccoli gesti la Storia stessa, come questi due differenti personaggi, ognuno con il proprio credo religioso, ognuno inserito all’interno del proprio contesto socioculturale, ognuno con la stessa medesima idea di umanità e di aiuto alla comunità. Se il mare traccia confini difficili da attraversare, orizzonti mitici dove il sole viene a nascere, mete per popolazioni in fuga dalle guerre che nei loro Paesi si combattono, in orizzonti costosi su linee speculative per sciacalli d’acqua salata, in valvole di sfogo garanti dell’Ordine internazionale, giocando sulla scacchiera del più ricco usando come pedine i più poveri, la Dionisio mette a fuoco la solidarietà nell’oscenità, il soccorso nell’emarginazione, la comunione d’intenti nella diaspora dell’interesse personale. Traccia la linea dell’orizzonte, una destinazione sia per una popolazione in fuga dall’oriente all’occidente, sia per una civiltà occidentale, troppo lontana, empaticamente, geograficamente, egoisticamente dal destino altrui. Un documentario affascinante e sincero, avulso dall’esibizione del dolore, dalla fotografia della tragedia in mare, dall’esposizione scioccante, un lavoro che riesce a mostrare un legame umano, invisibile ed indivisibile, che riesce nel consacrare l’uomo e l’umanità come centro della Storia, nodo più piccolo al centro di un macrocosmo più grande, infinitesimale, nucleare. Una sguardo sintetizzabile in una parola: necessario.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 21/12/2015

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