Short Skin. I dolori del giovane Edo

Le vicende private di un adolescente raccontate con insolita delicatezza ed efficace, piacevole umorismo: un esordio nel lungometraggio perfettamente riuscito

Si è già parlato sulle pagine di Point Blank del regista Duccio Chiarini, a proposito del gradevole cortometraggio Hit the Road, Nonna, una breve e riuscita riflessione a metà tra documentario biografico e diario familiare. Con il suo primo lungometraggio – ben accolto ai festival di Berlino e Venezia – Chiarini si rivela senza esitazioni un regista capace di coniugare con delicato equilibrio, originalità e fantasia, la ricerca personale e autoriale con le esigenze del pubblico: il suo è un cinema lieve eppure ricco di sostanza, un cinema che adopera un linguaggio piano, sempre accessibile, e però mai stereotipato, rinnovando quell’efficace connubio - che recentemente certo cinema italiano sembra aver perduto - tra ironia e umorismo da un lato e indagine sul reale dall’altro.

Quella di Short Skin è un piccola storia, universale per certi versi e personalissima per altri. Edoardo è un adolescente che ancora non conosce il sesso, e come chiunque nei suoi panni è al contempo curioso e pieno di dubbi; rispetto ai suoi coetanei però ha un problema in più che lo tormenta: la fimosi, che gli renderebbe difficoltosi e dolorosi i rapporti, e che però si potrebbe facilmente risolvere con un piccolo intervento chirurgico. Ma come, e a chi rivelare i suoi assillanti pensieri? Non certo al suo migliore amico, che in fatto di donne ostenta di continuo una sicurezza spavalda (e ingenuamente comica), che si nutre però – come si vedrà - più di chiacchiere che di fatti.

Chiarini è un eccellente ritrattista, a cominciare dal personaggio di Edo, magrissimo e dinoccolato, per arrivare a sua sorella Olivia, una buffa ragazzina che proprio non riesce ad evitare di dire parolacce. I genitori del protagonista, a loro volta, si dibattono tra dolori quotidiani, incertezze e paure: il padre non sa essere fedele, la madre è sempre più esasperata. I due figli, tra alti e bassi, cercano di tenersi a galla in questa piccola baraonda di sentimenti, familiare e personale. Infine, sarà la presenza fugace e desiderata della bella vicina di casa, l’amore di sempre, a scrollare Edo dal suo torpore e a spingerlo ad affrontare una volta per tutte il suo problema.

Quello di Chiarini è un film che funziona sotto ogni aspetto perché lo sguardo del regista è completamente sincero. Pieno di tatto e mai pruriginoso nel descrivere la sfera della sessualità, ma anche – giustamente - privo di inibizioni e falsi pudori, il regista è capace di scandagliare a fondo l’universo dell’adolescenza mettendo al bando ogni possibile banalizzazione. Short Skin non ha in alcun modo la pretesa – né la presunzione - di essere un manifesto generazionale. Eppure, forse proprio per questo, Edo nel raccontare sé stesso riesce a raccontare qualcosa che va ben al di là delle contingenze della propria personale vicenda: l’ansia di conoscere, la paura di sbagliare, quel groviglio misterioso di aspettative e dubbi non appartiene solo al protagonista ma, in ultimo, a tutti i suoi coetanei. E c’è di più: la particolare empatia con cui Chiarini plasma la materia e i personaggi del racconto gli permette di mettere in scena una realtà completamente priva di edulcorazioni – pensiamo ai corpi acerbi e verosimilmente tanto imperfetti dei giovani protagonisti – senza che le immagini risultino mai crude o grezze. Anzi, anche grazie al pregevole umorismo che lo caratterizza, Short Skin è un film tutto percorso da una insolita, delicata dolcezza, che non appartiene tanto alle immagini in sé ma – in modo più profondo, sostanziale – all’occhio del regista che le ha concepite.

Autore: Arianna Pagliara
Pubblicato il 19/11/2015

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