Roma 2013 / O novo testamento de Jesus Cristo segundo Joao

In principio era il verbo, il verbo era presso Dio. E il verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui,? e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che? esiste. In lui era la vita? e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre,? ma le tenebre non l’hanno accolta.

Il prologo del vangelo di Giovanni appare come una precisa dichiarazione di poetica degli autori Joaquim Pinto e Nuno Leonel, che per la loro particolare trasposizione, O novo testamento de Jesus Cristo segundo Joao, scelgono proprio la parola, il suo potere evocativo e creativo, come primo postulato dell’atto fondativo di una nuova visibilità cinematografica che si origina, deleuzianamente, dal rapporto (e dal dialogo) tra immagine e suono, o meglio, dallo scarto che si genera tra visivo e sonoro. Una nuova visibilità che non è semplicemente la somma dei due fattori ma l’effetto di una reincorporazione del suono dentro l’immagine, che in qualche modo rende visibile l’invisibile.

Filmare la parola dunque, direttamente dal corpo del grande interprete portoghese Luis Miguel Cintra che legge in continuità, per circa 128 minuti, tutto il vangelo davanti ad un leggio affacciato sulla campagna; oppure come suono disincarnato, verbo che aleggia sulle immagini – che si posa dolcemente sulle cose e sulla natura – e che resiste persino alla sua assenza, quando il quadro si fa improvvisamente nero. La prima parte mostra il diffondersi del verbo nel mondo, le prime, timide, immagini naturali. Poi tutto sembra collassare, lo smarrimento ci assale: che fine ha fatto il cinema? Dove sono le immagini? Ma il suono si oppone a questa negazione, prosegue dritto e sicuro verso la sua strada, consapevole della sua forza e della sua verità, che si traduce poi nell’attribuzione di un soggetto parlante, di un volto e di un corpo che hic et nunc vivifica il testo, gli dà timbro, respiro, carne. Da qui in poi immagini e suono vanno via via contrappuntandosi fino al momento della resurrezione che i due registi filmano in assenza, e dunque senza prove materiali che possano comprovarla. La grotta è vuota e non c’è nessuno ad attendere la nuova venuta. Eppure, proprio in questo momento veniamo incoraggiati a credere, ad accettare il mistero divino, perché beati sono coloro che non hanno visto e hanno creduto. Ciò che ci chiedono i due autori è un grande sforzo immaginativo, forse l’unico vero atto di fede possibile: andare oltre le immagini e accedere ad un nuovo e più profondo grado di visibilità che permette di penetrare l’invisibile e vedere attraverso di esso e dentro di esso. La “ricompensa” viene dal baluginare della luce, nel suo inaspettato e improvviso ritorno e il conseguente irradiarsi attraverso le diverse gradazione: la forza accecante del primo pomeriggio e il caldo arancio del tramonto che sfuma lentamente verso la notte. Un azzardo che rimette in gioco tutto, persino il fondamento del cinema – l’immagine – per riscoprirlo sotto una nuova veste.

Morte e rinascita del corpo-film oltre la forza centripeta/centrifuga di ogni prospettiva, oltre il blu testamentario di Jarman e lo sguardo negato di Monteiro/Branca de neve. Pinto e Leonel partono dal medesimo approccio teorico del regista portoghese come presupposto per una nuova epifania, del corpo, del testo, del mondo. Ci piace pensare a questa splendida versione del vangelo di Giovanni come ad un omaggio a Monteiro – di cui Pinto è stato per tanti anni tecnico del suono e produttore – a dieci anni esatti dalla sua scomparsa. Tornano, non a caso, le immagini del cielo che cadenzavano il dramma di Biancaneve, e soprattutto il nero come risposta all’oscenità della morte. Una morte che in questo caso è solo momentanea, parziale, come quella di Lazzaro e di Cristo, e che ci permette di comprendere come la vista non sia un riflesso involontario dell’occhio, un’operazione meccanica, ma un atto che richiede consapevolezza. E allora non c’è altra via se non quella del buio, dell’oscurità come promessa della luce, della rivelazione.

Autore: Giulio Casadei
Pubblicato il 31/10/2014

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