Quadrophenia

Torna in sala il film di Franc Roddam, un ibrido affascinante che racconta le illusioni e le ingenuità di un giovane ribelle

Quadrophenia è un oggetto cinematografico non identificabile. Situato al crocevia tra cinema d’autore, controcultura giovanile e film-tributo alla band che lo ha ispirato e prodotto (i The Who), il primo lungometraggio di Franc Roddam mantiene ancora oggi, a distanza di trentacinque anni, un fascino magnetico.

Siamo nell’Inghilterra degli anni Sessanta. Jimmy (Phil Daniels) è membro di una banda di mods: giovani alla moda, ribelli senza causa con un debole per pillole e anfetamine. La sua identità notturna è fatta di giacche, parka e scooter italiano. Con la sua “divisa” d’ordinanza e la sua Lambretta, Jimmy vive una fuga senza fine verso l’illusione e verso la notte: feste, passioni, nottate con gli amici della banda. Nei giorni della Bank Holiday inglese, il ragazzo partecipa agli scontri tra Mods e Rockers nella città di Brighton. Vive un momento di passione con la ragazza di cui è innamorato (Leslie Ash), ma viene arrestato poco dopo. La sua vita comincia a crollare, velo dopo velo: Jimmy perde il lavoro, la famiglia lo butta fuori casa, la ragazza lo scarica in favore del suo amico Dave... ancora fedele ai feticci dell’identità giovanile e della banda, Jimmy torna a Brighton e vede crollare definitivamente le sue illusioni...

Lo stile di Roddam è consapevolmente vicino a quello documentaristico, pur mantenendo saldi i principi del cinema di finzione. Accompagniamo Jimmy nelle sue scorribande, entriamo nelle feste del suo gruppo e ne ascoltiamo le discussioni appassionate e, spesso, insensate. I dialoghi si aprono a squarci di sconcertante realismo, e la ricostruzione dei complessi rapporti famigliari di Jimmy è altrettanto pregnante. C’è, naturalmente, la musica dei The Who, e ci sono anche diverse strizzate d’occhio ai fan del gruppo. Ma il film si regge sulle proprie gambe: l’album da cui si ispira, l’omonimo Quadrophenia del 1971, è un canovaccio di emozioni e un percorso emotivo da cui il regista prende le mosse per raccontare la storia.

Si tratta di una storia complessa e non priva di trappole; era necessario, nel caso di Quadrophenia, immergersi più a fondo nella descrizione della trama, perché è proprio sul terreno del racconto che Roddam gioca la sua partita. Per buona parte del film, crediamo di assistere ad una lunga immersione nella controcultura giovanile e nella ribellione degli anni Sessanta, alla costruzione di un antieroe a metà tra James Dean e i protagonisti dei primi film di Godard e Truffaut. E invece tutto crolla: quello che il film ha edificato viene demolito pezzo per pezzo, lasciando in campo un protagonista nudo e senza punti d’appoggio. Il nucleo pulsante di Quadrophenia è proprio qui: un rito di passaggio, un mondo che crolla e l’impossibilità di sostituirlo con un altro. La ribellione delle bande rivela tutti i propri limiti. Jimmy paga un prezzo altissimo per sentirsi parte di un gruppo che si rivela un’illusione collettiva di “essere vivi”, un gioco per ragazzi ricchi. Il rifiuto e il disorientamento sono palpabili: Jimmy annaspa nell’oscurità e nel vuoto che gli si è creato attorno e che ha contribuito a generare.

Che cosa rimane, allora? Non certo un ritorno all’ordine o alla ragione: Franc Roddam evita la strada moralista del ragazzo che torna all’ovile del mondo adulto. Rimane, invece, il rifiuto di tutte le illusioni. Nell’abbacinante finale, Jimmy cavalcherà la lunghissima scogliera sull’oceano, confine simbolico tra la vita e la morte, tra la resa e le possibili, nuove battaglie. Tutta la storia è racchiusa in un ardito, lunghissimo flashback – la prima inquadratura del film, di fronte alla scogliera, coincide con l’ultima, e tutto quanto sta nel mezzo può essere letto come la memoria di un passato ormai messo da parte. Infine, Jimmy distruggerà l’oggetto-feticcio della propria vita passata. Terminata la pars destruens, Quadrophenia lascia aperta la possibilità di ricominciare. Jimmy si è destato dal suo lungo sonno ed è diventato adulto. Forse resterà un ribelle. Questa volta, magari, avrà anche una causa.

Autore: Alessandro Gaudiano
Pubblicato il 10/12/2014

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