Palazzo della Ragione / Acqua Shock

If we destroy nature, we destroy ourselves: arriva in Europa l’ultimo lavoro di Edward Burtynsky

«Dobbiamo imparare a pensare più a lungo termine alle conseguenze di ciò che stiamo facendo, mentre lo stiamo facendo. La mia speranza è che queste immagini stimolino un pensiero rivolto a quegli elementi essenziali per la nostra sopravvivenza che spesso diamo per scontati, finché non scompaiono.» Con queste parole Edward Burtynsky, fotografo canadese di origini ucraine, presenta il suo più recente lavoro fotografico, in mostra a Palazzo della Ragione, spazio espositivo milanese interamente votato alla fotografia, che proprio pochi mesi fa ha festeggiato il suo primo compleanno.

Da sempre interessato a documentare gli effetti del nostro progresso sul pianeta (alcuni dei suoi precedenti progetti erano dedicati allo sfruttamento minerario e petrolifero), questa volta Burtynsky dedica la sua attenzione, com’è facile immaginare, all’acqua. Un itinerario di 60 fotografie divise in sette capitoli (Golfo del Messico, Devastazioni, Controllo, Agricoltura, Acquacoltura, Rive e Sorgenti), a formare una sorta di biografia per immagini dell’elemento vitale per eccellenza. Burtynsky personifica l’acqua, ripercorrendone la strada tra natura incontaminata e paesaggi industriali e rappresentandola nella sua costante dualità: al tempo stesso, vittima e carnefice impietoso, risorsa e grande assente.

Le fotografie sono di una bellezza quasi astratta, tanto che spesso si ha l’impressione di trovarsi ad una mostra di pittori analitici, più che di fotografia: è facile dimenticarsi che ciò che è rappresentato qui esiste, e che per giunta è non solo il nostro quotidiano, ma anche il frutto della nostra presenza nel mondo. Preso dall’alto, l’intervento umano assume caratteri alieni: osserviamo affascinati, questa non sembra la nostra Terra, stentiamo davvero a riconoscerla. Per Enrica Viganò, curatrice, si tratta di «immagini splendide, specchio di una verità che non vogliamo affrontare: il liquido più prezioso non è eterno! La straordinaria bellezza degli scenari fotografati da Burtynsky ci invita alla riflessione, dopo aver incantato il nostro sguardo con il fascino del sublime.» La mostra si conclude con la proiezione del documentario Where I Stand, che rivela i retroscena legati alla produzione delle fotografie esposte, per le quali Burtynsky ha sfruttato elicotteri e droni.

In qualche modo il percorso intrapreso ricorda Genesi di Sebastião Salgado, ospitata in precedenza proprio nella stessa sede: due progetti ugualmente elaborati nel corso di un arco temporale molto lungo (circa dieci anni per entrambi i fotografi), due itinerari fotografici a testimoniare la bellezza della natura. Se in Salgado il focus era sulle zone incontaminate, un grido d’allarme a preservarle, Burtynsky si concentra sullo sfruttamento del petrolio bianco: quelle che ci presenta Acqua Shock sono le conseguenze del controllo che abbiamo imposto ai paesaggi naturali che ci aveva raccontato Salgado.

Ad un primo impatto la mostra potrebbe non entusiasmare granché, oltretutto con La grande madre proprio lì, a due passi di distanza, che rischia di offuscarla e forse nemmeno troppo meritatamente: proprio per questo vale la pena parlarne. Una mostra scientifica, didattica ma divulgativa, e certo, usando un termine tanto forte quanto abusato, di denuncia. Tutto tranne che pop, e per fortuna: Acqua Shock racconta, con serietà e accuratezza, quello che sta accadendo al nostro pianeta.

Autore: Giulia Belluco
Pubblicato il 11/10/2015

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