Ouija

La fiera dell'ovvio per un horror da fast-food in cui la prevedibilità di linguaggio e trama è perseguita come obiettivo da raggiungere

Mimetizzato da innocuo teen-horror in salsa esoterica, Ouija di Stiles White è l’ennesimo prodotto fuoriuscito dalle ambizioni cinematografiche della Hasbro, seconda casa produttrice di giocattoli al mondo e prima per quanto riguarda i board games. Perché potrà non sembrare ma anche la tavoletta spiritica Ouija è il marchio registrato di un gioco da tavolo, comunicazione con gli spiriti soggetta a leggi e copyright. E da questa la Hasbro ha giustamente pensato di tirare fuori un horror di spiriti e presagi dall’aldilà, un’operazione affidata all’esordiente White (già sceneggiatore del mediocre The Possession) e mediata dalla casa di produzione di Michael Bay, la Platinum Dunes. Il risultato? 75 milioni di incasso globale fino ad ora a fronte di un budget di una decina scarsa, un discreto successo per quello che resta però un innocuo teen-horror in salsa esoterica.

Come ogni gioco horror che si rispetti anche la tavola Ouija ha delle regole da seguire, vincoli con i quali tenere a bada le forze soprannaturali chiamate in causa. E il mancato rispetto di tali norme può essere fatale, come scopre suo malgrado la giovane Debbie, dalla cui imprudenza prende vita il film. Sulle sue orme l’amica d’infanzia Lane, che assieme a fidanzato ed un gruppo di amici cercherà un ultimo contatto a discapito di tutto.

Ancora una volta gli spiriti del cinema horror sono il segno evidente di ciò che non possiamo o vogliamo lasciar andare, strascichi che tormentano la psiche prima che il corpo. Tuttavia alla Hasbro non importa certo approfondire personaggi e riflettere sui canoni del genere, e di conseguenza Ouija è il tipico horror della scelta più facile, della prevedibilità di linguaggio e trama perseguita come obiettivo da raggiungere. Da anni si riflette nelle sfere più o meno cinefile sulla decadenza del genere horror, e a fare da carburante a discorsi simili sono film come questo, che dominano la sala con la loro ordinarietà programmatica. Se l’orrore sullo schermo dovrebbe insinuare disagio nello spettatore, turbato da alterazioni della norma capaci di perdurare oltre il tempo della visione, Ouija è il cinema che persegue invece l’intento opposto, intrattenere per un’ora e mezza mettendo il più possibile a proprio agio lo spettatore, confortato da un orrore casalingo, ludico, da fastfood. Non basta così un’atmosfera vagamente gotica e i riferimenti visivi agli Insidious di James Wan a salvare un’operazione che vuole essere innocua come prima istanza, per poter essere consumata senza intralcio.

Ma se almeno tale istanza consumistica portasse ad un film di genere comunque ben fatto, funzionale in tutti i suoi aspetti, allora questi discorsi varrebbero molto meno. E Invece no, perché Ouija è un giocattolo non solo effimero ma anche mal fatto, privo di intuizioni e di talento. Sceneggiatore mediocre, Stiles White si conferma anche regista da poco, attento alla confezione ma incapace di dare ad essa ritmo e uno spavento che esuli dall’ennesima immagine improvvisa con effetto sonoro annesso. Se già James Wan è l’horror come parco giochi privo di senso, almeno nei suoi film si respira un’indiscutibile talento registico. Ouija non ha neanche questo, è solo un gioco per bambini noioso e tirato troppo per le lunghe.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 09/01/2015

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