Monitor

Senza allontanarsi troppo dal presente, Lauria si interroga sul futuro dell'umanità

"Il tempo è l’unico vero capitale

che un essere umano ha, e l’unico

che non può permettersi di perdere"

Thomas Alva Edison

Alessio Lauria è l’autore di un cortometraggio, Sotto casa, che anni fa ebbe non poca visibilità soprattutto grazie alla rete. La storia era quella di un cittadino metropolitano che ritrovava la fiducia nei confronti della vita e del mondo intero dopo essere riuscito a parcheggiare, appunto, sotto casa. Partendo da un problema comune a molti, Lauria aveva costruito una breve commedia grottesca dove era già rintracciabile il suo interesse, misto a una lieve apprensione, per il cammino del genere umano. Per la parte del protagonista aveva scelto Riccardo De Filippis (lo Scrocchiazeppi della serie Romanzo criminale) con cui tornerà a collaborare anche nell’opera successiva, Monitor, affidandogli un ruolo secondario ma ugualmente importante: Geremia, l’amico del protagonista, un impiegato senza ambizioni e privo di ogni dilemma esistenziale ma per questo perfettamente adattabile a qualsiasi mutamento sociale.

Al suo esordio nel lungo Lauria abbandona i toni da commedia per scegliere un approccio più drammatico e fantascientifico. Si badi bene però che non si tratta di una fantascienza fatta di invasioni aliene, viaggi interstellari o futuri lontani e inverosimili. Monitor è ambientato, sarebbe meglio dire, in un presente alternativo. Qualcosa che non esiste ma potrebbe tranquillamente. Magari in un paese scandinavo o nella più vicina Svizzera. Là dove immaginiamo possano essere plausibili un’esistenza quieta e silenziosa, lo scorrere della vita più simile a un ingranaggio meccanico che a un flusso sanguigno, una società con l’imperativo della produttività senza eccezioni. Proprio per evitare qualsiasi spreco di energia da parte dei dipendenti, le aziende hanno costruito delle vere e proprie cittadelle all’esterno delle metropoli. Si tratta di paradisi artificiali immuni dal caos quotidiano del resto del mondo. Riuscire a essere inseriti nei centri residenziali vuol dire non solamente ottenere un lavoro e un appartamento ma godere anche di innumerevoli comfort, compresa l’assistenza dei monitor. Non si intende, ovviamente, la manutenzione dello schermo del computer ma un servizio simile al confessionale del reality Grande Fratello. Gli impiegati entrano nelle stanze adibite all’ascolto e si sfogano, liberi di parlare di tutto ciò che vogliono. Il loro interlocutore è un anonimo monitor su cui appaiono le risposte, frasi brevi dai toni rassicuranti e dal sapore zen. Dietro lo schermo si nascondono altri dipendenti. Non psicologi né filosofi ma banalissimi impiegati intenti a trascrivere le altrui confessioni che poi dovranno essere relazionate ai superiori. Il loro lavoro non ha un sincero scopo umanitario ma è semplice prassi in un grigiore kafkiano dove l’unico interesse può e deve essere fare carriera. Proprio davanti a una possibile promozione, il monitor Paolo (Michele Alhaique) si fa prendere da un dubbio professionale: se comunicare o meno a Sushil (Claudio Gioè), il diretto superiore, un tentativo di suicidio. Si tratta del genere di notizia in grado di mettere in crisi l’idea di perfezione che le città-aziende hanno costruito intorno a loro e per questo non sono viste di buon occhio dai dirigenti. Per prevenire il problema e uscire dall’impasse, Paolo viene meno a una delle regole fondamentali dei monitor mettendosi in contatto diretto con una sua assistita, Elisa (Valeria Bilello). La costruzione premeditata di un rapporto interpersonale obbliga l’uomo ad abbandonare la propria solitudine e l’ingranaggio del sistema per immergersi in una condizione più umana. La premessa artificiale della relazione Paolo-Elisa crolla inevitabilmente davanti al riemergere del flusso naturale della vita.

Monitor, come Her di Spike Jonze, è un melò sci-fi in cui l’amore ha bisogno di passare attraverso la tecnologia. Non di meno il film è in grado di riflettere sull’esistenza del singolo individuo e sul concetto di tempo, ovvero l’utilizzo che facciamo della vita stessa. Il cammino dell’umanità sulla strada del progresso è prefigurato da Lauria senza bisogno di effetti speciali o esagerazioni distopiche. Il pessimismo non raggiunge livelli utopici ma resta talmente vicino al reale da essere verosimile e dunque più efficace. In questa civiltà c’è chi si è adattato con spensieratezza e superficialità come Geremia e chi l’ha fatto in modo simbiotico ed efficace come Sushil, non è un caso se la radice sanscrita del nome indica l’uomo virtuoso. L’intelligente opera di Lauria è uno dei web movies visibili gratuitamente sul sito di Rai Cinema, di cui avevamo già parlato a proposito di La stanza delle farfalle, un ulteriore motivo per augurarvi buona visione.

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 21/03/2016

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