Lorello e Brunello

Attraverso le quattro stagioni Jacopo Quadri racconta uno spaccato di vita bucolica, luogo di resistenza contro lo scorrere economico e tecnologico del tempo.

lorello e brunello recensione film

Le greggi di pecore insidiate dai lupi e gli enormi trattori che solcano i pendii del terreno, i recinti per gli animali, gli oliveti e i vigneti che spuntano a macchia di leopardo tra le valli e le colline. La campagna maremmana offre scenari mutevolissimi nel susseguirsi delle stagioni, così come a variare sono i lavori che impegnano chi quella terra la abita e cerca di trarne il proprio sostentamento economico.

Lorello e Brunello sono due fratelli, gemelli non identici, tra gli ultimi abitanti rimasti a lavorare la loro terra e a vivere di essa. I due per tirare avanti con la loro azienda agricola si arrangiano all’occorrenza ad essere agricoltori, muratori, pastori, meccanici, ecc. I fratelli non sono soli in questo progetto, ad affiancarli ci sono alcuni collaboratori e vicini di casa, come Mirella, la fidanzata rumena di Brunello, che di tanto in tanto va a trovarli e li aiuta nelle faccende domestiche, o come Ultimina, vedova ultraottantenne, memoria storica dei luoghi e della vita di quelle campagne.

Jacopo Quadri, noto soprattutto per il suo lavoro di montatore, torna dietro la macchina da presa per raccontare attraverso le quattro stagioni dell’anno uno spaccato di vita bucolica, che allo stesso tempo è anche un’antologia sul lavoro nelle campagne delle colline toscane. La maremma da questo punto di vista è un territorio ampissimo, ma anche un luogo di confine, un simbolico presidio di resistenza, la resistenza della cosiddetta società rurale contro lo stradominio della globalizzazione. La piccolissima comunità maremmana vive quasi tra l’autarchia e l’abbandono a sé stessa, mentre il resto del mondo, quello che vediamo in televisione o leggiamo sui giornali, sembra lontano anni luce, sconosciuto e senza alcuna possibilità di contatto. Una vita dura quella dei protagonisti e dei loro compagni, fatta di lavoro ininterrotto e tante rinunce, sacrifici che smuovono i rimorsi e che mettono in discussione il senso di una vita spesa in quel modo, nell’isolamento di una fattoria tra i campi, lontani da qualsiasi occasione di svago o di conoscenza. Poi ci sono anche i problemi economici, i prodotti agricoli valgono sempre meno sul mercato mentre i costi di produzione sono in continuo aumento, generando una crisi che può portare al fallimento, prima economico e poi culturale. Una società e uno stile di vita che Quadri ritrae nei suoi ultimi fuochi, proponendola allo spettatore quasi come un pezzo di modernariato, un elemento che ha caratterizzato il passato del nostro Paese, ma che ora, benché ancora funzionate, è ormai un pezzo da collezione. In tutto questo non manca una grande umanità dei protagonisti, che il regista ritrae prestando attenzione alla matrice pittorica dell’immagine e avendo cura della composizione del fotogramma, senza mai perdere, tuttavia, aderenza nei confronti della realtà.

Il film è stato presentato in anteprima alla 35° edizione del Festival del cinema di Torino, dove ha anche ricevuto una menzione speciale della giuria.

Autore: Marco Marrapese
Pubblicato il 07/06/2018

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