Le weekend

A volte vista da fuori la vita appare davvero semplice, quasi monotona: molta gente si innamora, si sposa, fa figli, e se è fortunata invecchia insieme, volendosi ancora bene o sopportandosi a stento. A volte però non ci si sopporta fin dall’inizio, o forse ci si ama proprio per questo, come Nick e Meg, coppia di sessantenni che, si intuisce fin dalle prime battute, hanno già affrontato nel corso del loro lungo sodalizio matrimoniale un grosso cumulo di crisi, litigi epocali, rancori, frecciatine, il tutto somatizzato come un normalissimo modus vivendi del loro rapporto. Arrivati a Parigi, nel tentativo di riaccendere la fiamma e rivivere le emozioni della loro luna di miele, i due scoprono che il romantico albergo di decenni prima è diventato un buco spoglio; lei non riesce ad accettare le timide avances sessuali del marito, lui vorrebbe spendere poco per potersi permettersi di rifare il bagno di casa ed è geloso della moglie distante. L’ottimista proposito di ritrovarsi rischia di trasformarsi in una nuova lunga trafila di battibecchi, interrotti dall’incontro con un vecchio amico di Nick che li inviterà una sera nella propria casa, con nuova moglie bella, giovane e incinta all’appello e sullo sfondo una cerchia di intellettuali borghesi, ex dissidenti politici ora benestanti, a far da coro.

Un amore diverso, un sentimento che si nutre in pari misura dello scontro come della complicità, è alla base di Le weekend, il bel film di Roger Michell, coadiuvato dalla sensibilità come sceneggiatore di Hanif Kureishi perfettamente supportata da un cast che sa rendere le sfumature chiaroscurali di personaggi malamente invecchiati nei propri corpi e nelle proprie contraddizioni. Della lunga vita che Nick e Meg hanno vissuto insieme non sappiamo quasi nulla, ma intuiamo dal loro conoscersi così bene, dall’irritazione per i mille piccoli difetti diventati così familiari – e forse per questo, ancora più snervanti – che ormai si sono così compenetrati a vicenda da non poter più vivere separati. Davanti a questo i problemi sessuali, le gelosie, le divergenze sono solo elementi secondari che forse incidono sulla qualità di ogni singolo giorno condiviso, ma nulla tolgono alla consapevolezza complessiva di ciò che l’uno rappresenta per l’altro. Un dato di fatto che certo, fa un poco rabbia quando si pensa al sogno giovanile di un amore perfetto senza incomprensioni, quasi la vita ci avesse derubato di un ideale: a quanto pare a volte vivere insieme non è questa perfetta assonanza di respiri che raccontavano le fiabe e i film di una volta, quanto invece, anno dopo anno, il continuare a volersi malgrado il mondo e noi stessi che cambiamo. C’è chi direbbe che ci si aspettava di meglio; e c’è chi, più realisticamente, converrebbe che non si può chiedere molto di più alla natura umana.

Un secondo ritorno al passato sta in quel soffermarsi sulla propria gioventù ribelle e indomita e vedere cosa ne è stato in termini di ideali e atmosfere. Questo si concretizza sia nel sottile sarcasmo delle sequenze dedicate alla borghesia intellettuale francese, che dalla piazza si è spostata nelle eleganti case a mangiare buon cibo e rimembrare i vecchi tempi rivoluzionari, sia nelle citazioni alla Nouvelle Vague e al primo cinema di Godard, quel mondo di fanciulli snelli che fuggivano ansanti per musei e strade, e ballavano da soli o in compagnia senza darsi cura di chi li guardasse. A quanto pare i ragazzi di allora sono invecchiati parecchio, molti in questo momento sono comodamente sepolti in poltrona con un calice di vino in mano; ma per fortuna qualcuno di loro sa ancora correre benissimo.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 09/08/2014

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