Killing Eve

Phoebe Waller-Bridge conferma il proprio talento dopo l'esordio fulminante di Fleabag e firma una delle serie più intriganti degli ultimi anni

Killing eve - recensione serie tv

Un po’ come le sue protagoniste, Killing Eve sorprende e conquista con la sua incontenibile intelligenza. Imprevedibile, toccante ed emozionante, la serie prodotta da BBC America è una ventata d’aria fresca che gioca con le aspettative dello spettatore e con i generi di riferimento.

Il cuore pulsante di Killing Eve è la caccia all’uomo (alla donna, in questo caso) tra l’investigatrice Eve Polastri (Sandra Oh) e l’assassina Villanelle (Jodie Comer). Eve è una donna brillante, spesso imbranata, leggermente ossessiva. Con la sua nemesi, Eve condivide ambizione e insofferenza verso le inibizioni e gli ordini: Villanelle è giovane e spietata, carismatica e ingannevole, al punto che le sue vittime sono disarmate di fronte al suo sguardo gelido e crudele, spacciate ben prima che la condanna sia eseguita.

La cornice di riferimento è quella del thriller e della spy story, ma Killing Eve sa cambiare registro nel corso di una battuta o di uno sguardo, mutare improvvisamente dal poliziesco alla commedia, al grottesco, fino all’erotismo. Ciò che può sembrare "solo" un divertente e solido adattamento al femminile delle saghe di 007 o Jason Bourne, sa invece spiazzare e spostarsi su terreni via via più originali, sia sul fronte narrativo che su quello della costruzione dei suoi personaggi. Al glamour delle città internazionali come Londra o Parigi vengono presto accostati luoghi improbabili come uno sperduto villaggio inglese, mentre una schermaglia verbale si trasforma in una velata minaccia o una manifestazione d’affetto. Nulla è come sembra, e in questo costante movimento tra fedeltà ai generi e giocosa anarchia si trova uno degli ingredienti più riusciti di Killing Eve.

Un altro ingrediente fondamentale è da individuarsi nella solidità delle due protagoniste e delle rispettive interpreti. Eve e Villanelle sono donne con ruoli tradizionalmente "maschili", rigenerati dall’interno con grande ironia e il quieto femminismo di un mondo narrativo dove è perfettamente naturale che sia una donna a prendersi delle responsabilità e dare ordini. Donne complesse, la cui psicologia esce e deborda dagli stereotipi proprio nel momento in cui lo spettatore crede di essere riuscito ad inquadrarle e classificarle. Il rapporto tra Eve e Villanelle è un misto di rivalità, invidia e tensione sessuale a dir poco imprevedibile. Sandra Oh (conosciuta sopratutto per il suo ruolo in Grey’s Anatomy) trova, in Eve Polastri, il ruolo di una vita, e la meno famosa Jodie Comer non è da meno: la killer psicopatica, infantile, crudele e seducente che interpreta è infusa di un’aura di assoluta normalità, il che la rende ancora più perturbante.

L’adattamento televisivo dei romanzi di Luke Jennings, a cui la serie fa riferimento, è affidato al talento della showrunner Phoebe Waller-Bridge, autrice e attrice protagonista della serie Fleabag. La giovane autrice si è già dimostrata come una delle più interessanti degli ultimi anni, in virtù di una originalità di scrittura che sfugge alle facili classificazioni; Fleabag è una irresistibile commedia con un cuore drammatico di solitudine e senso di inadeguatezza, che omaggia il cinema alla Woody Allen e il mumblecore americano, ma rimodellando le proprie fonti di ispirazione in modo originale e gustosamente eccentrico. Killing Eve, per certi versi, segue la stessa logica, con le sue mutevoli forme e il continuo gioco tra piacere di emozionare e complicità con lo spettatore.

La sensazione è che Killing Eve rappresenti il futuro della serialità televisiva, ben più di altre serie più acclamate e, forse, più riuscite, ma ancora legate a logiche e stili più tradizionali: visioni come Killing Eve, Atlanta, The OA o I Love Dick (per citare quattro stili e approcci diversi alla medesima questione), irriducibilmente personali e politiche, eccentriche e multiformi, immediate e ricche di complessità. Idee forti ed esecuzioni decise, necessarie per emergere nel mare magnum delle produzioni audiovisive del ventunesimo secolo, e sufficientemente coraggiose da sviluppare le proprie suggestioni e provocazioni. Queste (tele)visioni bruciano di passione e di urgenza di comunicare, e non possiamo che sostenerle e guardare al loro futuro con ottimismo.
 

Autore: Alessandro Gaudiano
Pubblicato il 26/07/2018

Articoli correlati

Ultimi della categoria