Intervista a Valentina Bonomo

Il 28 settembre, in occasione delle due inaugurazioni presso Valentina Bonomo ed Edieuropa, abbiamo accennato all’esistenza dell’Associazione culturale Artughet, nata a Roma nell’aprile del 2010, e composta dalle Gallerie romane d’arte contemporanea residenti al Ghetto, mosse dal comune intento di sensibilizzare l’attenzione all’arte contemporanea partendo dal contesto locale. Le gallerie coinvolte in questo progetto sono per l’appunto Edieuropa, Ermanno Tedeschi Gallery, Pio Monti e Valentina Bonomo Roma. Point Blank ha deciso, in prossimità dell’ultimo evento e con le novità in corso, di rivolgere alcune domande al Presidente dell’Associazione, Valentina Bonomo.

Partiamo dalle origini… Come nasce Artughet e perché la scelta di questo nome così come delle gallerie partecipanti?

La prima Galleria a insediarsi in questo quartiere è stata la mia, nel 2002; all’epoca non c’era ancora nessuno, solo pian piano si sono aggiunte le altre, dapprima Ermanno Tedeschi su via del Portico d’Ottavia, successivamente la Edieuropa e Pio Monti. L’idea è fiorita inizialmente parlandone con Ermanno Tedeschi, persona assai attiva e presente e giunto a Roma dalle due città di Milano e Torino, dove possiede già altre gallerie; insieme abbiamo pensato, vista la vicinanza dei nostri due spazi, di organizzare e divulgare meglio il nostro lavoro, offrendo alla gente la possibilità di venire al ghetto e visitare, in un’unica occasione, non solo una, ma più mostre.

Al principio abbiamo pensato alla possibilità di inaugurare insieme in un giorno della settimana; si sono così poi aggregate le Gallerie Edieuropa e Pio Monti. Nelle prime edizioni (la I e la II), abbiamo aperto nel giorno della domenica, perché in questa giornata, il Ghetto rimane sempre molto vivace: i negozi e i ristoranti restano aperti, contrariamente a buona parte della città; di domenica mattina, soprattutto nei mesi invernali (quando non si approfitta più dei weekend per uscire da Roma) la gente si spinge volentieri in questo quartiere per una passeggiata. Col nostro contributo se ne approfitta per vedere le Gallerie, unendole a un percorso in cui si respira anche la storia e la cultura del quartiere. Dopo le prime due o tre edizioni, in cui abbiamo avuto un grande successo di pubblico, abbiamo deciso di strutturare questa unione in una vera e propria Associazione. Pio Monti, persona molto creativa che arricchisce il lavoro sempre di nuove idee, ha proposto per primo il nome dell’Associazione, giocando con l’uso delle parole (art – together): da qui nasce Artughet.

Come presidente dell’Associazione, puoi spiegarci quali sono i principali obiettivi che si pone Artughet e come vengono strutturate le varie proposte di fronte allo scambio tra diverse anime che la compongono?

Questo quartiere, rispetto al resto del centro storico di Roma, è un quartiere abbastanza isolato, o meglio, generalmente ci si va per uno scopo ben preciso. Il nostro scopo era, ed è tutt’ora, offrire la presenza di queste Gallerie nel suo insieme, e con ciò cogliere l’occasione per scoprire e assaporare tutto il resto. Questo perché si tratta di Gallerie situate in dei luoghi spettacolari, sono tutti riferimenti storico-culturali speciali per il quartiere e chiaramente, unendosi in un unico circuito, enfatizzano maggiormente la grandiosità dell’iniziativa, tanto da rendersi unica nel contesto locale. La mia Galleria, situata in un edificio, da un’impronta storica rilevante (antica casa dei Fabi e poi convento del XVI secolo), Pio Monti davanti la fontana delle tartarughe di Piazza Mattei, Ermanno Tedeschi nel cuore della Piazza del Portico d’Ottavia, Edieuropa all’interno di un bellissimo Palazzo storico del ‘500, Palazzo Cenci: l’Associazione funziona particolarmente bene anche grazie all’importanza dei luoghi di valenza storica e culturale oltre che alla bellezza estetica della loro collocazione fisica.

Per quanto riguarda l’organizzazione, il nostro è un lavoro di confronto ma molto personale, perché ognuno ha un suo ambito e non ci preponiamo il fatto di avere una comune tendenza, ma anzi la diversità è la nostra forza. Ognuno, a suo modo, contribuisce, cerchiamo di proporre sempre delle piccole idee che possano ravvivare questi appuntamenti. Ciò avviene con molto disinvoltura e spontaneità, senza programmarle con largo anticipo; sono degli eventi che nascono e si evolvono quasi naturalmente senza esagerato impegno. L’Associazione è solo un mezzo che ci permette di legarci l’uno all’altro. E’ un legame. Artughet non è altro che questo, perché comunque ognuno di noi ha una propria attività che ci tiene impegnati.

Il vostro lavoro nasce dunque per creare un interesse artistico nel e verso il ghetto, a caratterizzarlo come spazio attivo d’arte contemporanea, luogo di incontro e partecipazione con il pubblico. A distanza da più un anno dalla nascita dell’associazione, pensate di aver raggiunto tali obiettivi?

In un momento in cui creare un circuito, creare una rete diventa importantissimo, anche noi ci siamo organizzati in questo modo, e penso con buoni risultati. Il collegarsi l’uno all’altro è un po’ diventato l’esigenza del tempo. Legame come la rete, come nel web e, nel nostro piccolo, creare un legame di piccoli eventi che, a livello di comunicazione, aiuti a rendere più efficace il lavoro di ognuno garantendo maggiore visibilità. Il fatto dunque di poter collegare queste entità, che agivano isolatamente, e di aggregarle in un sistema, ci permette di suscitare un’attenzione positiva e di creare messaggi più efficaci.

A proposito del riscontro da parte del pubblico o degli addetti ai lavori, avete rilevato apprezzamenti generali che compensino i vostri sforzi?

Tra le varie nostre iniziative, abbiamo cercato di creare spesso un coinvolgimento e un’interazione con altre espressioni culturali. Ad esempio c’è stata quella di proporre opere sotto i 5000 euro, per incentivare un collezionismo giovane; abbiamo unito l’arte alla cucina festeggiando il primo anno di attività con delle torte disegnate dagli artisti; abbiamo unito l’arte alla moda, con Alta Roma, manifestazione che si svolge in alcuni quartieri di Roma e usa degli spazi privati per presentare le opere di alcuni stilisti; quest’ultima, ad esempio, ha accolto con molto entusiasmo la presenza di questo circuito e quindi ci ha proposto di ospitare ognuno di noi uno stilista ed è stata una manifestazione che è stata molto seguita e che ha avuto molto successo.

Fino ad oggi ciascuna Galleria ha partecipato al progetto facendo uso delle proprie proposte nei propri spazi. Pensate di allargarvi territorialmente o è nata l’esigenza anche di usufruire di spazi condivisi?

Ovviamente è nostra esigenza crescere al meglio e speriamo con questo di allargare anche maggiormente il nostro spazio; prossimamente, per esempio ci sarà la nuova partecipazione del Comune con l’ingresso della Sala Santa Rita all’Associazione. Si tratta di uno spazio polifunzionale effettivamente molto vicino a noi, e che ha un’attività molto florida di eventi, ospita ciclicamente esposizione d’arte di forte originalità, andando a spaziare dalle arti visive alla musica, ma anche con il teatro, cinema e altro, creando così molteplici incontri tra differenti espressività. Pian piano speriamo di proporre sempre cose nuove con piccoli progetti ma molto efficaci. Non miriamo a grandi ambizioni, questa è la nostra semplicità ma anche la nostra forza.

A quando il prossimo incontro?

Il 4 dicembre 2011 ci sarà il prossimo evento Artughet, con in più la novità di presentare (e inaugurare) lo stesso artista in due gallerie (la mia e la Edieuropa): Giacinto Cerone, artista che è stato celebrato proprio di recente alla Galleria Nazionale di Arte Moderna.

Autore: Giulia Zamperini
Pubblicato il 06/11/2014

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