Index Zero

Lodevole sulla carta, l'esordio fantascientifico di Lorenzo Sportiello si rivela purtroppo all'atto pratico un film davvero poco riuscito

In Italia non esiste un cinema di fantascienza. Non serve essere studiosi di cinema per essere consapevoli di quest’anomalia, una delle tante a caratterizzare la nostra industria cinematografica. Egemonia hollywoodiana del settore, insufficienza del sistema industriale e assenza/disinteresse di realtà produttive sono tra i motivi principali, i quali tuttavia non hanno impedito occasionali eccezioni. La più rilevante negli anni passati è stata il Nirvana di Gabriele Salvadores, collage cyberpunk che con tutti i suoi limiti si era comunque impegnato a generare da zero uno spazio/tempo alternativo ancorato all’immaginario collettivo. Oggi invece, grazie alla nuova accessibilità dell’era digitale, inizia ad esistere e pulsare un cinema di fantascienza sotterraneo, composto da corti e mediometraggi di crescente valore e interesse e che trovano il loro ciclo vitale sui canali di youtube. Spesso si tratta soltanto di una manciata di minuti, ma densi di atmosfera e visionarietà. Purtroppo poco di questo fertile cinema ritorna in Index Zero di Lorenzo Sportiello.

Data la succitata situazione per un giovane regista italiano esordire con un film di fantascienza prodotto per via indipendente è già un mezzo successo. Tuttavia per quanto lodevole sulla carta Index Zero è all’atto pratico un film decisamente poco riuscito, privo di fascino e afflato fantascientifico, eccessivamente dilatato nella durata rispetto al suo materiale di partenza. L’intenzione di Sportiello è evidente, rifarsi a quella fantascienza sociale ritornata da poco sugli schermi con il cinema di Neil Blomkamp. La Terra di Index Zero del 2035 è infatti una landa post-apocalittica in cui l’unica speranza risiede dietro le alte mura degli Stati Uniti d’Europa, assediati da ondate di disperati richiedenti asilo. Tra questi ci sono anche Kurt ed Eva, una coppia in attesa di un figlio che farà di tutto per entrare negli SUE.

Premessa la consapevolezza di assistere ad un’opera forzatamente low-budget, Index Zero non riesce davvero a convincere, per quanta buona volontà ci si metta. E’ evidente l’intenzione di battere strade inedite al nostro cinema, ma per farlo serviva partire da una base più robusta ed approcciarsi alla materia con uno sguardo diverso. Più che raccontare un’ipotesi di fantascienza il film cerca costantemente di rincorrere una percezione iperrealista, optando per una costante camera a mano. Una scelta esasperata che impedisce a Sportiello di prendersi il tuo tempo (anche e soprattutto all’interno dell’inquadratura) per costruire un’autentica atmosfera fantascientifica e lavorare sullo spazio (il lavoro di scenografia pare meticoloso ma non ne vediamo praticamente nulla). Oltre a questo il film sembra organizzato in compartimenti stagni davvero troppo prolungati, sequenze tirate per le lunghe e che poco aggiungono al discorso generale. Anche l’indice di sostenibilità del titolo, uno spunto sicuramente interessante, viene buttato lì a morire senza che nulla nel film ne approfondisca il funzionamento, impedendo di fatto allo spettatore di entrare meglio nel film facendosi assorbire dai dettagli che ne compongono il mondo.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 23/10/2014

Articoli correlati

Ultimi della categoria