Il sangue verde

Tutti gli esseri umani hanno un sangue solo: rosso

Nessuno ha il sangue verde

Si prenda un terreno che negli anni ’50 era stato teatro della lotta per la terra dei braccianti calabresi. Si faccia di queste terre una vasta distesa di coltivazioni che garantiscono ricchezza per il territorio circostante. Si continui facendo infiltrare, negli anni ’70, la ‘ndrangheta su queste distese, azzerando i percorsi lavorativi e di lotta ottenuti in venti anni di rivendicazioni. Si concluda erigendo la cosca ad unica proprietaria (seppur indiretta) di questi grandi appezzamenti ed avrete il teatro ideale per comprendere quanto accaduto a Rosarno nel gennaio del 2010. Mesi di sfruttamento a 25 euro al giorno, per 14 ore giornaliere. Alloggi fatiscenti, lavoro in nero, documenti sequestrati dai possidenti e neppure una pausa lavorativa per bere o mangiare. E mani congelate a raccogliere arance nei rigidi inverni calabresi. Questo è quanto devono patire i braccianti immigrati a Rosarno mentre fanno la raccolta nelle stesse terre che qualche decennio prima furono l’avanguardia nella lotta dei lavoratori. Ciononostante qualche italiano ha ritenuto che tutto ciò era troppo benessere per gli immigrati africani che coltivavano queste terre, decidendo di derubare alcuni di loro dei pochi averi che possedevano. Ma qualcosa va storto. Spari, feriti. E la rabbia sale. Gli immigrati di Rosarno abbandonati da tutti, sindacati compresi, si ribellano. Fanno gruppo, occupano una fabbrica-dormitorio, scendono per le strade a manifestare tutta la loro collera contro lo stato delle cose descritto. Ci scappa qualche macchina incendiata, qualche cassonetto lanciato per le strade del paesino. L’opinione pubblica si mobilita. Ma nessuno prova a comprendere le ragioni che hanno innescato tanta rabbia nei cuori dei lavoratori. Pochi fanno menzione dello stato, lavorativo e umano, in cui versano gli immigrati in lotta. Quasi tutte le parole sono in favore di una chiara e rapida repressione. Il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna, interpellata riguardo i fatti di Rosarno, dichiara: “Noi siamo dalla parte degli italiani, senza se e senza ma”, come se in ballo ci fossero questioni di provenienza nazionale.

Questo e molto altro è quanto Andrea Segre ripercorre con il suo Il sangue verde, ultima fatica del documentarista e scrittore veneto, conosciuto ai più per la sua spiccata attenzione verso gli emarginati della società contemporanea, dai migranti di Come un uomo sulla terra agli abitanti delle case popolari di Ponte di Nona a Roma di Magari le cose cambiano. Ma quella di Andrea Segre, oltre che carriera cinematografica, è anche il segno di una traiettoria migliorativa. Dopo i primi documentari, che avevano il difetto di voler entrare nel merito delle questioni politiche sollevate ma senza riuscirci del tutto, con Il sangue verde Segre trova un suo punto di equilibrio contenutistico più efficace. Il regista innanzitutto toglie gli orpelli cinematografici presenti nei suoi precedenti lavori consegnandoci un’opera da ascrivere al genere reportage, con grande vantaggio nell’economia globale del documentario. In secondo luogo, e con particolare ingegno, i fatti di Rosarno sono posti come sfondo dell’inchiesta, volutamente poco sondati, il che permette al regista di non cadere in tentativi indagativi che talvolta l’hanno visto non riuscire. Quello di Segre, quindi, è più uno sforzo antropologico, dove in 57 minuti di documentario il regista mostra i mondi privati dei braccianti che salirono alle cronache in quei gelidi giorni del gennaio scorso. Senza entrare troppo in meriti politici, Segre ci mostra, attraverso la voce dei protagonisti, come e perché questi placidi uomini un giorno decisero di creare scompiglio nel paesino che li ospitava. Ci racconta la quotidianità aberrante che ha portato centinaia di individui a riunirsi in assemblee, a non temere ritorsioni mafiose, a lottare, ma che prima di questi eventi ne aveva spinti alcuni al suicidio.

Il sangue verde è stato presentato alla 67esima Mostra di Venezia alle Giornate degli Autori, ricevendo il premio “Selezione Cinema Doc”. Grazie al suo tema, italiano ma dal respiro internazionale, ha ottenuto l’attenzione e l’appoggio di Amnesty International che ne ha patrocinato la realizzazione. Nonostante il successo riscosso al Lido, il documentario di Segre non può ancora vantare una distribuzione ufficiale. Tuttavia, grazie a numerosi interessamenti di svariate realtà sparse per il Paese, l’opera è visionabile in tutta Italia in singole proiezioni. Il calendario delle programmazioni, aggiornato con frequenza, è consultabile all’indirizzo internet del documentario, ilsangueverde.blogspot.com.

Autore: Emanuele Protano
Pubblicato il 13/08/2014

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