Il nemico – Un breviario partigiano

Un racconto personale e musicale sulla definizione del termine partigiano nel giorno del settantesimo anniversario della Resistenza.

«Un freddo pungente, accordi secchi e tesi segnalano il tuo ingresso nella mia memoria, consumami, distruggimi, è un po’ che non mi annoio, Emilia paranoica...»

CCCP - Emilia paranoica.

Queste sono le parole comprese tra i testi che Giovanni Lindo Ferretti fece leggere, in una discoteca di terz’ordine di Berlino nel 1981, a Massimo Zamboni; il chitarrista capisce subito che qualcosa di grande stava iniziando. Attraverso questo fortuito incontro nascono i CCCP. Gruppo punk-rock emiliano filosovietico, musica dura e forte e voce sgraziata di poetica resistenza. Band in ascesa costante per tutti gli anni ’80, fino allo scioglimento del 1989, dopo aver suonato A Ja Ljublju SSSR a Mosca, con un riff di chitarra che, riprendendo l’inno sovietico, ha fatto alzare in piedi i militari in divisa in palazzetto stracolmo, apice questo oltre il quale niente si può più dare o ricevere. Ma la musica continua, nascono così i CSI.

Massimo Zamboni, nel documentario di Federico Spinetti, prodotto e distribuito dalla sempre attenta ed attiva Lab80, si racconta ripercorrendo la storia del gruppo emiliano, tra il ricordo e la memoria di una terra reggiana legata alla Resistenza, muovendosi alla ricerca di documenti personali di un tragico evento accaduto nelle campagne emiliane, condensato nelle pagine del suo libro Storia di uno sparo. Non detti famigliari scoperti scartabellando lettere, volti a raccontarsi in una canzone, Il nemico, un nuovo inizio musicale per i Post-CSI nel settantesimo anniversario della Resitenza. Zamboni riunisce il gruppo, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e Simone Filippi, mentre alla voce, dopo il ritiro ascetico di Ferretti raccontato nel documentario Fedele alla Linea di Germano Maccioni, entrano le vocalità aggressive ed intense di Angela Baraldi. Nella cornice del teatro Gualtieri, meravigliosa location settecentesca in un palazzo cinquecentesco (da poco restaurato e consegnato alla città di Reggio Emilia), Zamboni unisce il gruppo in una circonferenza artistica ponendo al centro del cerchio Il nemico, la canzone.

Immagine rimossa.

Tra il ricordo scritto di uno sparo che rimbalza sul muro di nebbia della pianura padana cade a terra un uomo, un fascista, il nonno di Zamboni, ucciso da un colpo partigiano. Viene ricordata una terra che ha visto nascite e morti eroiche, storie di guerra e Resistenza, che porta nomi e soprannomi impressi sul granito di un monumento, tra di loro c’è chi è morto combattendo come Lampo, Lucifero, Furia, Folgore e Fifa. C’è chi è morto difendendo la propria libertà, chi è morto difendendo un altro ideale, la guerra spinge l’uomo contro l’uomo in conflitti senza umanità. Ed è proprio le festa della Resistenza che deve essere ricordata come una scelta libertaria contro la continuità storica, la stessa che poi è nuovamente subentrata al termine del conflitto lasciando giovani fiori, con il titolo di eroi, a ricordarci di quanto siamo stati vivi e coraggiosi in questa nostra Storia tragica. Come il racconto dei fratelli Cervi, contadini che credevano che un libro potesse suturare il dolore della guerra, aprire le coscienze e gli orizzonti, e sterminare l’odio attraverso una cultura benigna e libera.

Ed ecco che le canzoni dei CCCP tornano avvolte dalla bellezza del teatro che le racchiude. I testi, gli arrangiamenti, le parole in musica cantate dalla Baraldi, diventano struggenti richiami ad una realtà verso la quale costantemente resistere, per attitudine alla resistenza, fedeli a linee di condotta immaginarie tracciate nella perenne difesa della libertà individuale e nazionale.

Federico Spinetti (Zurkhaneh - La casa della forza, 2011), confeziona un documentario di ricerca, dove i racconti, le voci, i suoni, i testi e la musica, diventano mezzo per individuare, settant’anni dopo, il vero valore, oggi, della parola "partigiano". Una forma film o forma canzone che si nutre degli eventi e dei ricordi, che diventa parola in metrica, ricordo musicale in fotogrammi di luce digitale. A vent’anni esatti da Materiale Resistente, da quella mitica esibizione mai avvenuta per l’acquazzone che nel 1995 ha infuriato su Correggio, torniamo ad indagare noi stessi sui rimossi della Repubblica italiana. Nell’atto finale il nemico è di nuovo alle porte del paese, ma questa volta non lo si combatte, lo si comprende per non negarlo, accettandolo come un ricordo sempre vivo, necessario e strutturale per una lettura – esaustiva e demistificatoria - della nostra Storia attuale.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 18/04/2015

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