Genitori

In un gruppo di discussione e sostegno le storie difficili di genitori e famigliari alle prese con la disabilità dei propri cari

Parlare di disabilità e non mostrarla, porre il punto di vista all’interno delle discussioni di famigliari che si confrontano e si sostengono; Alberto Fasulo in Genitori riesce nell’impresa di raccontare un disagio attraverso il racconto orale, personale e quotidiano, di eroi sfortunati, ponteggi in carne ed ossa di sostegno senza maschere o superpoteri, colonne adamantine della sventura del proprio caro e da egli provata. Fratelli, sorelle, madri, padri che percepiscono la disabilità come una disabilità propria, fattore dilagante nell’emotività e nella stabilità stessa della famiglia, famiglie disabili quindi, percorsi umani ed emotivi che vivono il disagio, prendendosene cura, sostenendolo, accudendolo, per spartire una parte della disabilità da egli sofferta, per non lasciarlo solo.

In una stanza tredici famiglie si incontrano, per scambiarsi esperienze e consigli, un nucleo di supporto dal quale Fasulo non ci permette di uscire se non alla fine, nell’ultima scena, dove nel mondo reale si fuoriesce come un richiamo alla resistenza, luogo dove vivere e combattere il disagio, luogo dove l’interno si struttura in forza collettiva, in spinta sociale e comune, forza per superare le vicissitudini del singolo, per lottare insieme. Che siano sensi di colpa, rimpianti o rimorsi, la stanza ascolta, condivide ed aiuta. Tenendosi a distanza dall’esibizionismo e dal pietismo della disabilità, l’oralità narrativa dei famigliari rende ancor più vera e persistente la condivisione di un disagio che s’impone attraverso le parole, persiste sui volti, negli occhi, nelle storie personali ed uniche. Da San Vito al Tagliamento (PN) nasce un grido silente, una straziante richiesta d’ascolto, auto mutuo aiuto per non sentirsi soli al mondo; per portare alla luce la forza del collettivo mentre affronta temi delicati, personali ma allo stesso tempo onnicomprensivi, come la sessualità, la crescita e l’autonomia del disabile. Evocazione attraverso l’immaginazione che nelle storie orali viene compressa, in una stanza senza pareti mentali che si apre nella fantasia dello spettatore tramite finestre verbali su un mondo che viene così richiamato, condensandosi ancor meglio rispetto alla possibilità, giustamente negata, del mostrato e del mostrabile. Per infrangere l’isolamento che queste famiglie rischiano di subire, da loro stessi o dalla società reale, per sentirsi partecipi di una riscossa umana che sostenga la debolezza altrui, in quanto comunità che sceglie di cooperare senza rinchiudersi solo ed esclusivamente nelle stanze della terapia isolazionista, nella reticenza da una realtà di confronto e di conforto, racchiudendo il disabile e la disabilità famigliare all’interno di un piccolo mondo domestico; relegandolo quindi ad un angolo personale e (di)illudendosi di vivere "all’esterno" un vita del tutto normale e priva del problema.

Presentato a Locarno, Genitori, si muove su un terreno partecipativo, il microcosmo personale racchiuso in un tir in transito, una casa motorizzata di vita quotidiana e lavoro sulla schiena del guidatore/lavoratore diretto in destinazioni lontane e quasi invere, trova definitivamente un luogo stabile dove raccontarsi, una fermata di sosta nella quale riflettere, ragionare, e veicolare attraverso le immagini il movimento del pensiero e del mutuo sostegno: evocando attraverso il racconto orale l’esperienza personale e comune. Se in Tir il percorso interiore viaggiava sulle autostrade, all’esterno dell’individuo (isolato in tempo di crisi economica) e scivolando nel fuoricampo da un finestrino, qui a muoversi sono le parole (della collettività) che nascono in un luogo fermo, dentro una stanza stabile e protetta, tra il movimento fluido dei racconti in viaggio, in un road movie personale, inscritto nelle parole e nelle esperienze condivise, verso la meta raggiunta, verso la partecipazione spettatoriale alla disabilità, non mostrata ma raccontata direttamente dai suoi coprotagonisti.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 29/11/2015

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