Far East 2013 / Considerazioni finali

Nel consegnare il Gelso d’Oro 2013 a Kim Dong-ho, Sabrina Baracetti raccontava di come uno dei segreti del successo del festival da lui fondato e tanto a lungo diretto, il Busan International Film Festival, fosse la familiarità, la capacità di creare un rapporto forte e univoco tra la manifestazione e i suoi abitanti, un senso di appartenenza e unione tra i suoi spettatori, che pur spargendosi nel mondo ad ogni conclusione sarebbero comunque rimasti legati come una grande famiglia. Non sorprende quindi che, con un moto circolare estremamente consapevole, questa quindicesima edizione del Far East Film Festival si sia chiusa sabato scorso con un video-omaggio dedicato proprio ai fareasters, alla famiglia udinese allargata che in questi anni Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche hanno saputo tessere attorno al Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Una familiarità tribale giustamente ribadita anche dal vistoso ringraziamento tributato nella serata finale ai tanti giovani volontari del festival, che giorno dopo giorno hanno accompagnato e gestito le nostre innumerevoli visioni. Ancora una volta il Far East riesce quindi a confermare e fortificare sé stesso, mettendo inoltre in campo una selezione fenomenale, tra le migliori mai fatte. Nonostante la crisi, i tagli, i finanziamenti col contagocce, questa edizione sarà ricordata come una delle più ricche e stimolanti della storia di questo festival.

Sull’importanza chiave svolta dal Far East Film Festival, sul suo ruolo di arricchimento umano prima che strettamente artistico abbiamo già avuto modo di dire; basterà soltanto ricordare come in questa fase storica, nella quale sempre più uomini e stati sono chiamati a confrontarsi con l’alterità vicina e lontana, il Far East permetta di aprire una finestra nel lontano Est, un worm hole culturale capace di portare a noi i più grandi successi annuali di Corea del Sud, Giappone, Cina, o le nuove tendenze del cinema dell’Indonesia, delle Filippine, di Taiwan, della Thailandia. E se pensiamo che entro il 2018 la Cina diverrà il più grosso mercato cinematografico del mondo, il discorso palesa tutta la sua radicale urgenza.

Non può che far piacere quindi vedere come, nonostante le restrizioni economiche che hanno colpito gli aspetti più laterali del festival, questa quindicesima edizione sia stata colma di titoli pienamente riusciti e soprattutto appartenenti ai più vari settori della produzione cinematografica; se negli ultimi tempi erano infatti diminuite le produzioni di genere a favore delle commedie (demenziali, romantiche, musicali), quest’anno il Far East torna ad ospitare il cinema che lo ha reso giustamente famoso, dagli horror thailandesi al gangster coreano, passando per possenti film storici cinesi e delicati racconti di formazione giapponesi, senza per questo abbandonare il versante della commedia, che specie grazie alla Corea del Sud ha riservato diverse piacevoli sorprese. Non sorprende più di tanto quindi vedere come a vincere sia stata proprio una di esse, l’anarchica How to Use Guys with Secret Tips dell’esordiente Lee Won-suk, che dimostra – proprio in questi mesi di aperta crisi della commedia italiana – come alta professionalità tecnica e maggior attenzione e creatività in fase di scrittura possano risultare carte vincenti per conquistare il pubblico nostrano. Questo primo premio inoltre va a sancire il nuovo boom che sta affrontando il cinema coreano, che dopo l’ondata autoriale dei primi anni 2000 torna a confermare le alte capacità industriali e produttive di un sistema forse squilibrato sul versante commerciale ma comunque estremamente valido. Ogni film coreano dal budget almeno medio rivela un livello di competenza tecnica elevato, e questo è decisamente qualcosa che dovremmo imparare.

A confermare come ripercorrere il podio ci aiuti ad intercettare diverse eccellenze di questo festival, abbiamo l’assegnazione del secondo premio a Countdown di Nattawu “Buz” Poonpiriya, il migliore dei tre fenomenali horror thailandesi presentati dalla selezione, che è stata capace di portare un materiale che, volendo, se fosse stato riunito tutto in una giornata avrebbe creato un horror day di quelli davvero da ricordare. Ingegnosi, curati, consapevoli dello stereotipo ma non soggetti ad esso, questi film si sono dimostrati una delle perle del festival. Al terzo posto troviamo poi un altro degli assi di questa edizione, l’ottimo Ip Man – The Final Fight dell’hongkonghese Herman Yau, apparente nuovo capitolo dedicato al celebre Ip Man, il maestro di Bruce Lee, ma in realtà affresco storico di vent’anni di storia di Hong Kong. Un film armonioso, disteso, in cui tutti gli elementi funzionano al meglio per raccontare una grande storia corale e il cui successo dimostra come, nonostante l’handover, il cinema di Hong Kong abbia saputo mantenere indipendenza, identità e forte tenuta artistica.

A bocca asciutta rimangono invece il Giappone, che con 12 film era con Corea del Sud la nazionalità più presente nella selezione, e la Cina, comunque forte di 10 titoli, per quanto entrambe abbiano presentato opere di tutto rispetto come See You Tomorrow, Everyone di Yoshihiro Nakamura per il Giappone, e Feng Shui di Wang Jing, Beijing Flickers di Zhang Yuan e soprattutto The Last Supper di Lu Chuan per la Cina. Personalmente però il film che ci sarebbe piaciuto veder ricevere un premio era Mariposa in the Cage of the Night, fenomenale incubo lynchiano del filippino Richard V. Somes; poi certo, veder vincere il nordcoreano Comrade Kim Goes Flying – che il Far East è riuscito clamorosamente a presentarci, rimarcando ancora una volta la portata della sua diffusione culturale – sarebbe stato colpo di scena non da poco.

In conclusione non possiamo che complimentarci un’ultima volta con tutti gli addetti del Far East Film Festival, con quelli visibili e ancor più con quelli invisibili, i quali sono riusciti incuranti dei tagli a presentarci una quindicesima edizione di lusso, forte di alcune necessarie innovazioni tecniche ( i sottotitoli elettronici, le proiezioni in digitale) ma soprattutto di una selezione formidabile. Da un fareaster agli altri fareasters, see you tomorrow everyone!

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 20/01/2015

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