Dossier Joe Dante / 16 - Sexy Beast

La parte maschile del sesso femminile: la funzione della donna nel cinema di Joe Dante.

La quarta parete la si può lacerare, oltrepassandola nel tentativo di valicare quel limite sacro che distanzia la realtà dalla fantasia. Il telo bianco può essere divelto dall’immagine che lo illumina. Ma può anche essere violentato dall’immagine brutalmente reale che riflette, come lo snuff-movie. Un violenza sessuale di gruppo viene trasmessa in un angusto peep show, la giornalista Keren White (Dee Wallace - L’ululato) e dentro una stanzetta con l’assassino e viene costretta a guardare lo schermo mortificato da una brutale violenza maschile: diversi uomini sovrastano una donna legata ad un letto, terrorizzata. Nel cinema di Joe Dante l’elemento maschile è un carattere determinante, porta con se la responsabilità del declino americano, detiene il potere dei piani alti della comunicazione, muove i fili della macchina televisiva e non concede spazio e dignità alla sua controparte femminile. Nella struttura piramidale aziendale tesa all’aggressione ed alla forza, non si trova lo spazio per il sentimentalismo femminile. La tensione per la prevaricazione (economica, imperialista, privata) guarda la donna con malcelata misoginia, disprezzandola sia come donna che come lavoratrice emancipata. Il potere (in quanto forza fisica) è maschio e Dante lo sa. Ma il potere è anche (come l’amore) un "concetto astratto dotato di un corpo inadeguato", come direbbe Murakami, decretando così l’impossibilità di una biologica appartenenza. Il potere corrompe i cuori freddi e scalda quelli caldi e la glacialità della scenziata (una polare Barbara Steele) in Piranha potrebbe esserne la prova. In una società dove la televisione cannibalizza lo spirito, la regressione primordiale del telespettatore verso l’istintività animalesca del primate, conferma nell’uomo maschio le innate e violenti origini. Il barbaro dominio dei muscoli domina sulla ragione ormai lessata dall’immagine televisiva. In un mondo alla deriva della violenza catodica, Dante, mette in scena la violenza di chi ne detiene il potere, auspicando un mondo dove l’umanità si autodistrugga prima ancora di riuscire a distruggere il pianeta dove vive. Attraverso l’utilizzo di un pesticida per sopperire all’invasione della mosca dei canneti, l’uomo ha seminato il contagio, un’epidemia mondiale che ha invertito il rapporto sessuale all’odio misantropico, trasformando il sesso in omicidio(Contro natura). L’istinto sessuale dell’uomo è affilato come una lama di coltello, ed il fallo è quello giusto per soddisfare la sua bestialità. La brutalità muscolare maschile estirperà la donna, utile per autoriprodursi, decretando la fine del genere umano. L’attenzione al lato carnale del rapporto sessuale, inteso come trasformazione erotica, è presente anche in L’ululato. La trasformazione in licantropo coincide con un rapporto sessuale sotta una luna piena, i due corpi si avvolgono, le carni si ricoprono di una densa peluria, la donna si trasforma e l’uomo ulula. Per Dante solo il sesso riesce ad equiparare la distanza fisica che separa l’uomo dalla donna, l’istintività animale dell’amplesso goduto dal maschio e sopportato (attraverso la forza muscolare data dalla trasformazione fisica) dalla femmina. Sfruttata, screditata, uccisa, resuscitata (Buryng the ex) la donna necessita di un passaggio evolutivo (regressivo) che la trasformerà in puro istinto, togliendo forza al maschio ed aumentando la propria aggressività. Un corpo, quello femminile, che si paleserà comunque incapace di sopportare questo cambiamento, mostrando in diretta televisiva ad un imbelle pubblico maschile, tutta la sua diversità, sbattendo in faccia allo spettatore la sua stessa colpa, il suo sguardo voyeuristico colpevole nel non aver fatto niente, di aver guardato senza aver mosso un dito. La sottomissione, che dimostra avere la figura femminile nella filmografia del regista, gli servirà per identificarne l’identità riconoscendola, affermandone il dolente ruolo di controparte all’identificazione brutale maschile e maschilista. Il regista disturba il segnale video della sintonizzazione televisiva, gesto con il quale cerca di intromettersi tra le immagini trasmesse, segno di interpunzione polemico e disarticolante del flusso di immagini, deprecando la deriva dell’umanità attraverso la fragilità fisica di una donna che si vergogna della sua parte maschile violenta.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 04/12/2014

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