Dossier Joe Dante / 13 - Tv for Hell

La televisione, schermo e limite oramai valicabile dove l'immagine diventa reale e la realtà viene inclusa nella sua finzione. Dal salotto domestico all'inferno dello spettacolo il passo è breve.

«La televisione è quella bestia insidiosa, quella Medusa in grado di paralizzare un miliardo di persone a occhi sbarrati ogni sera, quella sirena che canta, chiama e alletta, promettendo così tanto e concedendo, in definitiva, così poco». Questa è la chiara definizione data da un maestro della fantascienza come Ray Bradbury alla televisione. Un’immagine calzante, immaginifica e ben caratterizzata in un essere mitologico come una Gorgone. Sarebbe perfetta per un soggetto di Dante. La stessa televisione famelica ed impulsiva a cui faceva riferimento Orson Welles quando la paragonò all’odiata dipendenza dalle noccioline, nella ripetività compulsiva nel gesto di mangiarle. Per Joe Dante la televisione è un mondo produttivo con le sue regole e le sue angherie, che conosce molto bene dall’interno, dal cuore della stessa macchina produttiva televisiva. L’organismo produttivo crea il materiale mediale che a sua volta crea il reale mediato. La menzogna, l’incapacità, il raggiro, l’esasperata spettacolarizzazione del reale sono gli utensili per creare o veicolare l’opinione pubblica (La seconda guerra civile americana). E questo può avvenire solo attraverso uno stretto patto, tra l’emittente e lo spettatore, che sancisca l’autenticità del reale mostrato. Lo spettatore per Joe Dante è la massa americana schiava del consumo televisivo. Un’umanità deforme in un pubblico animalesco, che neanche il gesto estremo in diretta di Karen White (Dee Wallace) in L’ululato ( che dimostra la propria diversità trasformandosi in licantropo mostrando l’orrore che si annida vicino a noi) riuscirà a calmarne la demente risata di massa che ne segue, un pubblico da talk show ormai incapace di razionalizzare la finzione in essa trasmessa. La suggestione ipnotica televisiva invade la ragione del pubblico trasformandolo in un primate, incapace di discernere il vero dal falso e facile allo stupore dello spettacolo.

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Con la televisione Dante ci comunica il cinema che apprezza. Diventando contrappunto di evoluzioni narrative previste dai film mostrati. In L’erba del vicino saranno i film trasmessi alla televisione a suggerire la macabra atmosfera del delitto. Quel diverso straniero a cui affibbiare la responsabilità totale delle nostre insicurezze, personali o societarie. Altre volte è la televisione a parlare e consigliare al personaggio l’avventura (diventandone la fonte), come quando mostra il circuito a Ben Candall in Explorers (sarà il suo amore per La guerra dei mondi di Byron Haskin a suggerirgli l’avventura) per creare la macchina che li metterà in contatto con il popolo alieno. Oppure quando suggerirà la fuga lontano dalla città, e dalla stessa televisione (la tv prova ad autoescludersi), del serial killer nella quiete del bosco (Il prezzo del silenzio). La televisione per Dante è anche il mezzo storico che ci ricorderà, una quantità di segnali video inscritta in un milione di fonti video, una lunga sequenza di immagini in aggiornamento che parla di noi, raccontandoci di un’umanità che tende all’autodistruzione e che genera conflitto e lacrime. Un’umanità che tende anche a fingere l’orrore, attraverso il cinema per esempio, a fingere la realtà spettacolarizzandola, attraverso la televisione, metodi questi usati da Dante per ricostruire il reale che ci appartiene e ci racconta, a volte male interpretato, dove la finzione viene fraintesa in quanto identificata per realtà, come nel finale di Explorers. Neanche gli alieni sembrerebbero immuni dall’atto mistificatorio del mezzo televisivo. La tv moltiplica il reale in una moltitudine di schermi che invadono le nostre case, tante finestre che ci consentono di vivere fuori dai nostri confini abitativi restando in pigiamo nel salotto. La televisione riproduce l’immagine reale dislocandola nello spazio, superando in velocità la moltiplicazione cellulare di un gremlin. Addirittura arriva a farsi tramite della riproduzione multipla, moltiplicando essa stessa la mostruosità dell’immagine (Gremlins), il gremlin non ha neanche più bisogno dell’acqua per riprodursi, ormai gli schermi televisivi sono pronti a farlo al suo posto (omaggiando, tra l’altro, La Signora di Shangai di Welles). Per Dante neanche morti si può star tranquilli, lontani dalla fabbrica della spettacolarizzazione, in un segmento di Donne amazzoni sulla luna, il funerale diventa show, dimostrando che la morte è stata finalmente digerita dal pubblico pronta quindi ad essere trasmessa.

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Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 la televisione diventa un argomento molto trattato e discusso nel mondo scientifico, le influenze sociologiche dei primi trattati sul potere dei media influenzeranno molti autori cinematografici (investendo tutti i campi artistici), personalità artistiche che lavoreranno spesso all’interno dei media stessi. Da Landis ad Altman, da Dante a Cronenbergh (solo per citarne alcuni), il cinema si inizia ad interrogare sul potere dell’immagine televisiva e sull’invasività dell’apparecchio. Ognuno di loro la rappresenterà nel suo migliore modo possibile. Per Dante, figlio di una precisa identità ludica, la televisione è una fragile finestra dell’inferno sulla terra che tanto bene ci rappresenta. Il mondo attraverso di essa passa alla velocità dei cartoon. Un incandescente carnevale di maschere, pupazzi e storie fasulle. La televisione non è la verità ed è proprio per questa ragione che dentro di lei (Prigionieri di Anthony) è possibile fare qualsiasi cosa e l’unica regola è il non avere regole. Un inferno ludico, un maledetto circo mediatico teso a non annoiare. Uno spettacolo senza interruzioni di continuità, un tempo conquistabile con un limite spaziale molto spesso valicabile. L’inferno televisivo e la sua dottrina dell’immagine non riescono a restare fermi all’interno del televisione. Implodono dal di dentro, trovando stretto il guscio di plastica che le contengono. Quando il tubo catodico non riesce a contenere l’ondata di immagini lo schermo cede e l’inferno ludico è pronto a venirci a trovare. Allo spettatore consumistico televisivo, brutalizzato dall’apatia mesmerizzante dell’impero dell’immagine, non rimane che confondersi con questo delirante carnevale che gli ha invaso lo spazio privato. Il televisione che succhia linfa vitale e fantasia agli adulti (Explorers) viene riconosciuto dalla gaia ingenuità della fanciullezza che se ne serve, o come punto di partenza del viaggio e dell’avventura votato all’amore per il cinema, o come inutile elettrodomestico dal quale fuggire. Nel cinema di Dante la televisione è un oggetto vivo, a volte ce lo rappresenta disturbato, come un segnale che va e viene e che si intromette tra l’immagine trasmessa e lo spettatore. Come se identificasse nel disturbo video il segnale di un encefalogramma agitato. La televisione è viva ed è pronta a generare i suoi mostri, la finestra sull’inferno è aperta e lo schermo è stato da tempo superato.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 26/11/2014

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