Dossier H.P. Lovecraft - Neri mari d'infinito

Introduzione ad un viaggio nel cinema lovecraftiano, a ottant'anni dalla scomparsa di uno dei padri del fantastico letterario.

Non è semplicissimo tirare le fila di più di mezzo secolo di cinema lovecraftiano, perché – si sa – le opere influenzate dai racconti del Solitario di Providence sono tante, tantissime, e ciascuna di esse porta impressi a suo modo i segni dell’eredità di un immaginario che come pochi altri ha capovolto e rivoluzionato il genere horror, tanto in letteratura quanto sul grande (e piccolo) schermo (per non parlare poi di fumetti, videogiochi e quant’altro).

Si potrebbe farla breve e copia/incollare un qualsiasi elenco trovato in rete, ma ci sembra molto più interessante e stimolante invece andare a cercare e scovare quello che di buono è stato effettivamente realizzato, rendendosi immediatamente conto che è necessario fare una distinzione in (almeno) due grandi sottogruppi: i film tratti esplicitamente dalle opere di Howard Phillips Lovecraft (fosse anche solo per il titolo), e quelli invece che si rifanno ai suoi universi fantastici in maniera più astratta e vaga, ricalcandone un’atmosfera, una suggestione, un nome. Questi ultimi sono tantissimi e non basterebbe un’enciclopedia per affrontarli e analizzarli tutti in maniera compiuta, tale è la mole di rimandi e di idee che il cinema ha metabolizzato, masticato, rielaborato e fatto propri. I primi invece, gli adattamenti puri e semplici - e ciononostante quasi mai fedeli alla carta stampata (il perché lo vedremo strada facendo) - sono assai più limitati. Anzi, un numero quasi esiguo, nonostante l’evidente incremento della loro produzione dagli anni Ottanta in poi: certamente meno

di quelli tratti da uno Stephen King, ad esempio.

Immagine rimossa.

Questo perché l’orrore cosmico e sovrannaturale di Lovecraft> non è mai stato cosa semplice da ridurre in immagini, a differenza magari di un immaginario meno esplicitamente visionario come quello di Edgar Allan Poe; ed è infatti proprio grazie al successo del ciclo dedicato alle trasposizioni di Poe (con titoli come Il pozzo e il pendolo, I vivi e i morti, Sepolto vivo, La maschera della morte rossa, solo per fare qualche esempio) che Roger Corman e la American International Pictures decidono di tentare per primi la carta H.P.L., realizzando nel 1963 il seminale La città dei mostri, da Il caso di Charles Dexter Ward, continuandolo però a spacciare per un fantomatico adattamento da Poe (la poesia Il palazzo stregato) nonostante di quest’ultimo avesse soltanto il titolo.

Da questa factory (una delle realtà più floride all’interno del panorama horror americano anni Sessanta) arriveranno ancora due pellicole (La morte dall’occhio di cristallo e Le vergini di Dunwich), ma bisognerà aspettare gli anni Ottanta per la definitiva consacrazione di Lovecraft al cinema, per mano di Brian Yuzna e Stuart Gordon, rispettivamente produttore e regista di Re-Animator: da qui in poi, il nome di uno scrittore utilizzato fino a quel momento soprattutto come fonte di ispirazione secondaria (si pensi al Necronomicon de La casa di Raimi, o la Dunwich di Paura nella città dei morti viventi di Fulci) si trasforma in una fonte inesauribile di idee e contenuti da identificare immediatamente con un genere a sé stante, al quale oggi guarda tanto il cinema mainstream che quello indipendente.

Immagine rimossa.

Il percorso intrapreso da questo dossier vuole essere appunto quello di riassumere buona parte dei film dichiaratamente ed esplicitamente debitori di Lovecraft (con alcune ma significative eccezioni, come ad esempio il fondamentale Il seme della follia e tutta la trilogia dell\'Apocalisse di John Carpenter), con lo scopo di fungere da guida pratica per chi volesse avvicinarsi per la prima volta ad un immaginario unico e indistinguibile, ma anche per tutti coloro che volessero rinfrescarsi la memoria sull’argomento. Da Corman a Stuart Gordon quindi, passando per Dan O’Bannon (The Resurrected), Boris Karloff e i film prodotti dalla H. P. Lovecraft Historical Society, senza tralasciare una riflessione sull\'impossibilità di adattare Lovecraft fino in fondo: buona lettura, e buon divertimento.

Autore: Giacomo Calzoni
Pubblicato il 07/03/2017

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