Cinquanta sfumature di grigio

L'adattamento cinematografico del romanzo di E. L. James toglie ogni speranza di trovar un senso a una storia strampalata e molto poco erotica

Doveva pur arrivare prima o poi sullo schermo Cinquanta Sfumature di Grigio, l’adattamento cinematografico del bestseller erotico di E. L. James, uno dei successi editoriali più derisi da chi non l’aveva letto, o al massimo l’aveva fatto solo per la (dubbia) fama. Sembrerebbe che non resti altro ora che ignorarlo o farci sopra qualche risata, ma gli oltre cento milioni di lettori in tutto il mondo richiedono, per onestà intellettuale, il tentativo di analizzare oggettivamente il fenomeno, relazionando libro e film.

La trama è nota: Anastasia Steele, una timida studentessa, deve fare per conto di un’amica un’intervista a un importante uomo d’affari, Christian Grey, che si rivela sorprendentemente tanto impenetrabile quanto dotato di fascino. L’attrazione è duplice e istantanea, ma l’evoluzione del rapporto è caratterizzata dalla scoperta della personalità sadomasochista dell’uomo, che gestisce i propri rapporti personali all’interno di un contesto di pieno dominio dell’altro. La donna, turbata ma sedotta, conosce sulla propria pelle fruste, corde e manette, ma non sa decidersi: firmerà il contratto, redatto da Grey, che dovrebbe decretare la sua piena sottomissione all’amante? Celebre è il precedente storico, Histoire d’O di Pauline Réage, un’altra storia di umiliazione e abbandono sessuale dove l’appartenenza al padrone era testimoniata non da un semplice pezzo di carta, ma da un più violento marchio a fuoco sulla pelle; è innegabile però che la nuova variazione sul tema proposta da Cinquanta Sfumature di Grigio, che in realtà nacque come fan fiction erotica di Twilight, manchi di un qualsiasi spessore letterario. Volendo essere clementi, si potrebbe definire il libro come una lunga e ridondante serie di descrizioni sulle azioni di Christian e le sensazioni di Anastasia, scritta in uno stile elementare associato a un testo paratattico di estrema comprensibilità - le coordinate prevalgono sulle subordinate - che onestamente non offre molto sul piano dell’interiorizzazione del racconto.

Il fatto però, è che questo non ha alcuna importanza né influenza sull’esito dell’opera, perché è nella natura stessa di molti prodotti della narrativa romantica prediligere il contenuto alla forma: milioni di romanzi rosa vengono venduti ogni anno con lo scopo ben preciso di offrire ai lettori la pura evasione. Sono storie in cui i personaggi o la trama sono scuse per la realizzazione di un sogno, non troppo diversamente dai canovacci scalcagnati presenti in moltissima pornografia. Cinquanta Sfumature di Grigio ne condivide la centralità della fantasia a scapito di ogni altro elemento stilistico, ed è in effetti una situazione davvero ideale quella che propone. Innanzitutto tanto sesso, che non è quello misogino e indifferente che taluni hanno rimproverato a E. L James, quanto una richiesta di intimità e condivisione fra le più profonde. Christian chiede ad Anastasia di abbandonarsi completamente a lui, ed è un’esigenza di possesso che seduce perché implica un bisogno estremo della donna, del suo corpo, della sua volontà. Dunque non può che far capolino anche l’amore romantico, mentre il contesto narrativo appaga e rassicura allo stesso tempo: si ama una persona ricca, bella, intelligente, affascinante ma anche bisognosa di protezione, mentre la protagonista non rischia di provocare nessun complesso di inferiorità, carina ma imperfetta com’è.

Il passaggio da letteratura al cinema pretende però un approccio diverso alla struttura, pertanto anche la fruizione finale del film sarà esperienza diversa rispetto alla lettura del libro. Realizzare il sogno perfetto in immagini significa un trattamento nuovo della forma, per fare in modo che la storia sia qualcosa in più dell’esperienza pornografica che effettivamente è, nei termini di una immediata e precisa rappresentazione di una fantasia erotica. Lo stile di Sam Taylor-Johnson, regista convenzionale malgrado la carriera da artista concettuale, è quello prevedibile di un erotismo patinato elegante, ed è proprio questa composizione pulita che fa emergere tutte le insensatezze e assurdità di una trama ridicola: Christian Grey, è prima di tutto, un folle stalker e a nostro parere è il suo inseguire la protagonista in ogni dove – perfino introducendosi abusivamente nel suo appartamento! – che dovrebbe ben più intimorirla della sua stanza dei giochi piena di fruste, frustini e manette. Non che Anastasia non si riscatti un poco rispetto al personaggio originale, le cui impressioni presenti nel libro ci vengono qui risparmiate a favore del visetto candido e innocente di Dakota Johnson. Ma ciò che si poteva sognare nascosti nelle pagine di un libro, l’unico fattore che ancora poteva giustificare il senso dell’opera, è ora, alla luce del cinema, traslato in un racconto imbarazzante per quanto stilisticamente accurato e discreto. Soprattutto è ogni residuo di erotismo a farne le spese: inevitabilmente edulcorate per le grandi masse di spettatori, le scene di sesso presenti nel film sono orchestrate secondo raffinate coreografie, condotte da corpi glabri e sodi che eseguono esercizi di aerobica in ambienti ben arredati. Sarebbe dunque errato bollare Cinquanta Sfumature di Grigio come opera oscena, perché è ben lontana dall’essere scandalosa. L’amore, alla fine, è il solito scopo centrale: solo per quello ci si fa legare, frustare, sculacciare. Anastasia non è la Bella di Giorno di Luis Buñuel, non crea la fantasia ma la subisce soltanto per avere Christian (la cui perversione peraltro è accettata come conseguenza di un trauma infantile). Nessuna reale rivendicazione sessuale, o un’espressione della propria personalità, ma la solita storia del far l’amore per trovar l’amore, cosa legittima solo se non viene usata come mezzo per mettere a tacere ogni altro elemento, stavolta sì osceno e scandaloso, della sessualità. Quella di E. L. James e Sam Taylor-Johnson è in definitiva un’opera davvero insoddisfacente, dettaglio paradossale per un racconto che si proponeva in primo luogo di gratificare il lettore/spettatore. Allora, lo si dica una volta per tutte: dell’ennesima, noiosa normalizzazione del desiderio non ne facciamo niente.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 14/02/2015

Articoli correlati

Ultimi della categoria