Cenerentola (musicata da Gioacchino Rossini)

Esce al cinema per un solo giorno l'adattamento cinematografico dell'opera lirica di Rossini per la regia di un inedito Carlo Verdone in versione melomane

Arriva sul grande schermo, solo per un giorno, la versione cinematografica dell’opera teatrale Cenerentola, musicata da Gioacchino Rossini, andata in onda in diretta due anni in mondovisione su RaiUno per la regia di Carlo Verdone. Non è la prima volta che l’autore romano si cimenta nella direzione di un melodramma, poiché già nel 1992 portava in scena al Teatro dell’Opera Il Barbiere di Siviglia anch’esso di firma rossiniana; ma, come è facile immaginare, la sfida odierna di integrare linguaggio teatrale e cinematografico con un profondo rispetto per la materia musicale di riferimento non poteva che suggerire nuove possibilità espressive. In primo luogo, l’aggiunta di un’integrazione narrativa in forma di animazione – a cura di Annalisa Corsi e Maurizio Forestieri - cui affidare il ruolo di introduzione onirica e fantasiosa alle vicende della giovane fanciulla, ex bambina felice, costretta al lavoro di serva dal patrigno che le ha sempre negato ogni riconoscimento filiale, preferendole le dispettose sorellastre. Patrigno e non matrigna, come nella versione più popolare della favola: nel libretto di Jacopo Ferretti mancano infatti zucche-carrozze, scarpine di cristallo e fate madrine. Vi si preferisce il gusto per l’equivoco e le scene di gruppo caotiche, trasposto nei celebri, parossistici crescendo rossiniani. Deux ex machina della vicenda è Alidoro, precettore di un un principe ormai costretto a prender moglie per assicurare la discendenza al trono. Poiché siamo in una favola, il ragazzo sogna il vero amore e affida al maestro il compito di trovare la fanciulla che possa esser degna di lui per virtù e bontà. L’uomo, nascosto sullo sfondo sotto le vesti lacere di un mendicante, tesserà gradualmente una trama intricata, avviluppando fra loro tutti i personaggi della storia, fino allo scioglimento finale delle ambiguità, rivelando i segreti della bella e misteriosa dama che si presenta a un ballo reale, e di un principe travestito da scudiero.

L’incontro fra teatro e cinema raggiunge nella Cenerentola diretta da Verdone una strana forma finale, poiché l’inevitabile staticità di alcune sequenze si alterna a un’esasperata manifestazione mimica. I frequenti ritorni sui volti dei personaggi, colti nelle loro smorfie grottesche o nella loro passione, comunicano una ricerca minuziosa delle emozioni che possono emergere dalle espressioni facciali, e trasformano gli interpreti in maschere enfatizzate dei propri ruoli. Su tutte la protagonista., una mite e innocente Lena Belkina che rende la lieve ingenuità dell’eroina principale fino a sfiorare una soave stupidità. Cenerentola nulla chiede per sé e tutto perdona; la sola pretesa che le esce dalle labbra è il desiderio prepotente di andare al ballo (Ah! sempre fra la cenere /Sempre dovrò restar?), tutto il resto lo ottiene per la sua semplice, pura presenza. Non può che ispirare amore, né la provvidenza si guarda bene dall’ignorarla. D’altra parte è di una favola trasposta in musica che qui si parla, moti dell’animo cristallizzati in figure ideali:. tal proposito si vuole segnalare, per onestà l’incapacità di chi scrive di giudicare la resa sonora e il valore degli strumenti vocali e orchestrali presenti nell’opera così interpretata dal direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti. Una volta chiarito questo, è però possibile proporre un’analisi visiva di un prodotto che a prescindere dalle proprie doti musicali fonda gran parte della propria struttura su un’impostazione cinematografica tradotta in una lettura ravvicinata dei volti presi dalla propria vicenda: è ed, la Cenerentola di Verdone, sostanzialmente ingenua e infantile come la sua protagonista. Il desiderio di rendere uguale merito al lato teatrale rispetto quello televisivo crea alcuni momenti di fissità che lasciano male il passo ai vigorosi piani ravvicinati, e il dolce candore dell’opera segna i confini della sua medesima vacuità, offrendo una regia in cui la dose massima consigliata di zucchero rasenta i limiti consentiti.

Autore: Veronica Vituzzi
Pubblicato il 23/12/2014

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