Burying the Ex

Il nuovo film di Joe Dante è un’anarchica giostra cinefila capace di passare da tonalità romantiche ad altre horror all’interno di una cornice di irresistibile umorismo

Puro ossigeno. Non ci sono altri modi per definire l’arrivo di Burying the Ex a questo Festival di Venezia, un’edizione quanto mai stantia e ripetitiva, ancorata ad un’idea di cinema autoriale di stampo europeo reiterata da tanti, troppi titoli deboli. E’ come se questa Venezia avesse deciso di credere solamente in un tipo di cinema, trincerandosi dietro una fitta serie di film simili tra loro per pensiero e impostazione. Ecco allora che in un panorama così asfittico arriva il nuovo film di Joe Dante, un’anarchica giostra cinefila capace di passare da tonalità romantiche ad altre horror all’interno di una cornice di irresistibile umorismo.

Consumatori di merci e di immagini, rimosso bellico, minoranze razziali. Nel buon cinema americano la figura dello zombie rimanda sempre a qualcos’altro da sé, ad un oggetto che può farsi alterità o specchio di noi stessi all’interno di un racconto atto a creare cortocircuiti semantici. Semplificando quest’approccio nasce Burying the Ex, in cui lo zombie diventa la ex fidanzata del titolo, incapace di lasciar andare il proprio ragazzo e decisa a controllarne la vita anche dopo la morte. Per certi versi allora il bel film di Joe Dante ci appare come un controcampo anarchico e beffardo di Hungry Hearts di Saverio Costanzo, altro film basato sul rapporto tra amore e controllo. Se la madre vegana di Alba Rohrwacher vive in uno stato di paranoia evidentemente suscitato dalla necessità di controllare la realtà che la circonda, vita del figlio in primis, anche in Burying the Ex l’amore viene vissuto in termini di possesso. Infatti nella coppia formata da Max ed Evelyn è quest’ultima a dettare legge, soffocando l’indipendenza e la personalità del partner per affermare la propria. Fortunatamente però per Dante questo non è un tema da sviscerare con serietà ma soltanto l’escamotage di partenza, il gancio che permette di evolvere una storia romantica in un leggero horror a tinte comiche dal ritmo incalzante e dall’anima b-movie. Allora, nonostante la nuova declinazione zombiesca, è puro gioco cinefilo Burying the Ex, è una divertente e divertita commedia dal sapore romeriano, forte di tempi comici perfetti e un cast sfruttato al meglio. Nelle esperte mani di Dante, tutti e tre i protagonisti, Anton Yelchin, Ashley Greene e Alexandra Daddario, funzionano alla grande, aiutati anche da uno script foriero di battute e scene particolarmente divertenti.

Nonostante Burying the Ex sia allora quel tipo di cinema di genere artigianale e ironico sempre più raro nella triste Hollywood di oggi, il ritorno di un cormaniano come Joe Dante lascia un lieve senso di insoddisfazione, come se nella riuscita dell’operazione qualcosa fosse comunque venuto meno. E pensandoci vengono in mente i tanti riferimenti cinefili di cui è cosparso il film, che tra stralci video e poster omaggia di continuo una certa tradizione horror (in buona parte italiana) con una nostalgia giocosa che di certo funziona in chi ama Dante e il cinema su cui si è formato. Tuttavia il film non riesce molto a trasformare questi ricordi in attualità, in un gesto cinematografico forte e libero. Burying the Ex appare allora come un film cui Dante è riuscito a dare una confezione di lusso e un ritmo favoloso ma non vero cinema, che viene per lo più evocato piuttosto che messo in scena. Pensando ad esempio al ritorno di un altro caposaldo dell’horror anni Ottanta al genere, Sam Raimi, questi è riuscito con Drag Me to Hell a fare un film scoppiettante, energico, vitale e incredibilmente libero, un film denso di cinema e di amore per il cinema. In Burying the Ex si sente soprattutto la seconda parte. Che comunque basta a svettare con classe sulle centinaia di produzioni simili e sulla noia generale che affligge troppe sale di questo lido veneziano.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 04/09/2014

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