Buongiorno Taranto - Storie ai confini della realtà

Buongiorno Taranto è un film collettivo, pieno di pirati, bambini, musicisti, santi, animali e tutto ciò che rende colorato un paesaggio

"E dici questa città non ci morirà tra le braccia"

Le Luci Della Centrale Elettrica

Il prologo di Buongiorno Taranto segue l’evoluzione della specie: parte dal fondale marino per approdare sulla terra ferma e poi alzarsi in cielo, dove nuvole e fumi si fondono insieme. Quale sia l’organismo in grado di evolversi oggi non è dato saperlo, sebbene nella città dell’Ilva le congetture si sprecano. Proprio dall’inquinamento, e come poteva essere altrimenti, parte Paolo Pisanelli per raccontare una delle città più cinematografiche d’Italia. Di guerra civile parlano i tarantini e il documentario, almeno nella prima parte, lascia pensare a un reportage bellico, dove lo scontro è tra operai e pescatori. I primi non disposti a perdere il lavoro, i secondi la salute; ma la vita di entrambi è sospesa allo stesso filo. Da una web-radio una giovane speaker incita i suoi concittadini a svegliarsi, come faceva il compianto Robin Williams di Good morning, Vietnam nella giungla di una ben più celebrata guerra. O come, meglio ancora, il dj Super Soul di Vanishing point nei caldi anni che tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta portarono alla contestazione del sistema.

Buongiorno Taranto non è solo un film sulla paura e la rabbia di una città pronta a esplodere. Tra l’orrore e la fantascienza resta ancora tanta umanità in grado di fare sorridere, sperare e tifare per una popolazione con cui non è difficile immedesimarsi, anche a parecchi chilometri di distanza. Buongiorno Taranto è un film collettivo, pieno di pirati, bambini, musicisti, santi, animali e tutto ciò che rende colorato un paesaggio. Le pennellate rosse delle ciminiere possono essere solo lo sfondo di una raffigurazione più ampia e complessa, in grado di riportare alla mente operazioni analoghe di registi quali Fellini per Roma o Altman per Nashville. Proprio in riferimento a quest’ultimo titolo, forse non è casuale che l’impegno dei giovani tarantini sia proteso principalmente all’allestimento del concerto del primo maggio. Il punto di arrivo e di reset lo si individua nella musica e non tanto nell’occupazione dello stabilimento siderurgico o in un corteo in strada. Perché il cambiamento necessità di positività.

A rafforzare la visione caleidoscopica della città c’è un uso variegato dei mezzi di ripresa. Pisanelli si serve in prima persona di videocamere differenti e allo stesso tempo attinge a materiali d’archivio e, addirittura, a filmati postati in rete. In un film che si pone fin da subito domande sul futuro della comunità, il passato e il presente sono obbligati ad alternarsi come testimoni a carico e a difesa. Là dove si era cercato il boom economico, ora regna la crisi più nera. Non è semplicemente la storia di Taranto, ma dell’Italia intera e forse anche oltre. Chi scrive non ha dubbi nel sostenere che col passare del tempo Buongiorno Taranto accrescerà di valore e sarà uno dei migliori affreschi di come eravamo, perché già oggi sa raccontarci con onestà come siamo. A tal proposito, apriamo una parentesi: durante la presentazione del documentario al quindicesimo Festival del Cinema Europeo, uno spettatore lamentò al regista l’assenza di interviste ai politici. Come se il non essere entrati nei palazzi di potere avesse tolto obiettività alla narrazione. Sempre per chi scrive, ciò vuol dire non avere compreso il vero spirito del film che non è un’inchiesta su una società nota per produrre acciaio e tumori, bensì un racconto corale di cui i politici non fanno parte per l’ovvia constatazione che non vivono nella comunità ma la guardano da un altro punto di vista, esterno e perciò non interessante. Se invece tu, caro lettore, sei tra quelli che ogni giorno esce di casa e incontra altra gente con le medesime paure e speranze potrai affermare che, almeno per stavolta, la storia siamo noi.

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 25/08/2014

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