Auto Focus

Paul Schrader racconta l’arrivo e gli esiti oscuri della tecnologia video nella Hollywood-Babilonia.

La vita di Bob Crane (Greg Kinnear) è scandita da una dipendenza sessuale compulsiva. Batterista jazz e speaker radiofonico di successo, fotografo amatoriale e aspirante attore, marito devoto e cattolico osservante, Crane nasconde un lato segreto e sotterraneo: è ossessionato dall’osservare e fotografare seni femminili, grandi e piccoli, naturali e artificiali. Quando sul set della sitcom NBC Gli eroi di Hogan (1965-1971) conosce John Carpenter (Willem Dafoe), un tecnico video che lavora per la Sony, comprende per la prima volta che la sua ossessione si manifesta soltanto se mediata da un dispositivo di registrazione analogica. A causa dell’amicizia che nasce tra i due, Crane si trasforma presto da foto a video-amatore: i due voyeur iniziano a sedurre donne grazie alla notorietà dell’attore, a video-registrare gli incontri sessuali tramite sistemi segreti installati da Carpenter, a rivedere insieme le loro performance video-pornografiche ed eccitarsi davanti al piccolo schermo.

Virando l’attenzione sul lato nascosto di una storia “vera”, mettendo in scena un soggetto originale di Robert Graysmith, lo scrittore americano già autore di Zodiac, Paul Schrader racconta l’arrivo e gli esiti oscuri della tecnologia video nella Hollywood-Babilonia. Se l’automatismo tecnico dell’auto-focus ancora non esiste (sarà diffuso soltanto a partire dal 1978, anno dell’omicidio di Crane stesso), il richiamo del titolo è a un dispositivo di registrazione che finisce per auto-riflettere e auto-assorbire le ossessioni e le dipendenze del punto di vista osservante. Schrader diluisce l’evoluzione storica della video-amatorialità a cavallo tra anni sessanta e settanta nell’uso sessualizzato che fanno i due protagonisti del dispositivo tecnico. Il video è la tecnologia che permette non soltanto di registrare di nascosto gli atti sessuali della coppia, ma anche e soprattutto di riprodurre in modo serializzato la loro compulsione voyeurista. Di fronte alle rapide evoluzioni della tecnica, dunque, aumenta il livello di dipendenza sessuale dei e tra i due protagonisti.

La colonna sonora straniante e sempre più cupa di Angelo Badalamenti accompagna la caduta libera di Crane e Carpenter fino al punto di non ritorno. Non viene mai svelato il mistero dell’omicidio dell’attore, avvenuto nel suo appartamento di Scottsdale proprio a ridosso della diffusione commerciale del videotape. Tuttavia, Schrader ci suggerisce che sia stato Carpenter stesso a fracassare il cranio del suo amico con il treppiede di una videocamera di Crane, richiamando inevitabilmente la telecamera assassina de L’occhio che uccide di Michael Powell. L’altra evidente referenza di Schrader è a Sesso, bugie e videotape di Steven Soderbergh, soprattutto nel suo rinchiudere desideri sessuali, tensioni ossessive e solitudini emotive dei personaggi dentro un nastro, da archiviare, rimontare, e rivedere compulsivamente.

In una ideale continuità all’interno dell’universo schraderiano, le immagini sgranate delle videocassette analogiche di Auto Focus non sono altro che antenati diretti degli smartphone digitali di The Canyons, veicolo principale di registrazione e circolazione contemporanea del porno amatoriale. Nella storia di Carpenter e Crane, tuttavia, non va soltanto rintracciata la nascita del porno, perché i video amatoriali si configurano anche come filmini di famiglia, in cui ritroviamo la stessa ossessione paterna filmata in Affliction. La dipendenza di Crane non si manifesta tanto nei confronti del sesso, dunque, quanto delle immagini analogiche serializzate e ridondanti, entro cui egli ricerca un’aura perduta e inafferrabile. Carpenter, da parte sua, non fa altro che fornirgli il medium per appagare tale dipendenza, il videotape, come uno spacciatore di immagini indispensabili che diventa, presto e drammaticamente, unico antidoto alla solitudine che lo ucciderà.

Autore: Damiano Garofalo
Pubblicato il 04/12/2017

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