Adam Chaplin

La Necrostorm realizza il suo primo film ultraviolento e ottiene un grande successo, solo all'estero.

Il vice-sceriffo Matt L. Jones domanda "Is Italy nice?", il pastore spirituale Michael Parks si stringe nelle spalle e risponde "Well, it’s full of Italians. There is that". Lo scambio di battute è tratto da Red State di Kevin Smith, uno dei tanti titoli interessanti mai distribuiti sul nostro mercato, e sintetizza in poche parole e un’adeguata mimica facciale la considerazione che hanno del popolo italiano all’estero. Lo stesso anno del film di Smith, la Necrostorm metteva in vendita sul proprio sito il dvd di Adam Chaplin, opera prima di Emanuele De Santi. Da allora il riscontro delle vendite è stato eccellente: quasi quindicimila copie vendute e i diritti di distribuzione acquistati in molti Paesi, con particolare successo in Giappone. Un unico neo: le copie vendute in Italia sono state quarantasette e nessuna risposta da parte dei distributori.

Chiarendo fin da subito che non si tratta di un film per famiglie cristiane, i suoi estimatori andrebbero cercati tra gli amanti dello splatter e in particolare dei manga ultra-violenti di cui Ken il guerriero è il maggiore portavoce. L’analogia con il personaggio creato da Tetsuo Hara e Buronson nel 1983 è stata giustamente sottolineata da chiunque si sia espresso su Adam Chaplin. De Santi non ha però realizzato un fan film della serie animata, di cui tra l’altro esiste già un pessimo adattamento live action risalente al 1995 (Fist of the North Star), ma ha estrapolato le atmosfere che l’hanno resa celebre per modellare un’opera nuova; l’intento è simile a quello di Tarantino quando crea Django unchained, che non è né il remake né il reboot del Django di Corbucci. Tra l’altro, se ci si deve soffermare sui punti in comune allora si noterà che sono tanti anche quelli con Riki-Oh, il manga del 1988 trasposto in due OAV (ossia la versione animata) e in un film dal vero (Story of Ricky). In entrambi i casi la storia è ambientata in un futuro imprecisato ma agli ampi spazi aperti di Hokuto no Ken preferisce interni aridi e claustrofobici. Sia Adam che Riki-Oh hanno perso la donna amata, uccisa da un boss. Adam non è però pervaso da quel senso di purezza che può rendere buono persino un pluriomicida come Kenshiro, anzi in lui è nascosto un demone che emerge in superficie attraverso l’ustione impressa sulla schiena da un incandescente crocifisso capovolto, simbolo ricorrente anche in Riki-Oh. Ciò che di certo accomuna i tre personaggi (Adam, Ricky e Ken) è la sovrumana forza di cui sono dotati i loro arti e della quale si servono per frantumare e spappolare chiunque capiti loro a tiro.

Immagine rimossa.

Adam Chaplin non è un film memorabile unicamente per le quantità industriali di sangue versato. Dalla sua ha anche una buona caratterizzazione dei personaggi, specialmente dal punto di vista estetico. Sono icone di cui piacerebbe possedere le action figure (in quanti altri film odierni, specialmente nostrani, si può trovare altrettanto?). Il difetto che però marchia maggiormente questo primo titolo della Necrostorm è il doppiaggio italiano. Un lavoro professionale avrebbe richiesto un budget superiore ai due terzi dell’intera produzione, così ci si è arrangiati come si è potuto. La mediocrità del risultato non ha danneggiato solamente l’audio ma ha conferito uno stato amatoriale a tutto il film. Per tal motivo si consiglia la visione di Adam Chaplin in un’altra lingua. Un’altra versione da evitare è quella ridotta a un’ora ed epurata dalle immagini più cruente; a essere danneggiata dall’assenza di molte inquadrature non è solo la componente splatter ma anche la coerenza narrativa.

Quando Giulio De Santi, produttore esecutivo di Adam Chaplin e presidente della Necrostorm, ha confrontato la risposta italiana di pubblico e distributori con il successo estero si deve essere stretto nelle spalle in un’espressione simile a quella di Michael Parks. Da allora la giovane casa di produzione ha messo in commercio altri tre film (Hotel Inferno, Taeter City e Judy) e ne ha annunciati quattro (Infidus, Hotel Inferno II, Taeter Scumsquad e Alice’s Necroland). Il doppiaggio italiano non è stato più un problema perché, economicamente parlando, non valeva la pena investirci. Ciò non significa che non vedremo mai una versione di Adam Chaplin, o degli altri titoli, con un doppiaggio italiano inedito e in grado di valorizzare il prodotto: bisognerebbe attendere che un grosso produttore, come succede non di rado negli USA, ne fiuti le potenzialità di mercato e lo distribuisca su larga scale oppure che gli spettatori comprendano che spendere soldi per la visione di un film è prima di tutto una scelta etica. Stiamo parlando ovviamente di rivoluzioni.

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 22/03/2015

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